Si torna allo spirito di Reagan. L’intervista a Laffer su Repubblica
Il 12 dicembre 1974 Arthur Laffer, giovane professore dell’University of Chicago, era al ristorante Two Continents dell’Hotel Washington nella capitale insieme ai repubblicani Dick Cheney. Donald Rumsfeld (capo di Gablnetto di Gerald Ford) e del cronista del Wall Street Journal Jude Wanniski.
A un certo punto disegna su un tovagliolo una curva. «Erano aliquote e introiti fiscali», ci spiega Laffer, 77 anni, oggi a capo della sua società di consulenza di Nashville dopo una lunga camera accademica. «Dimostrava che dopo un certo livello all’aumentare delle aliquote non corrisponde un maggior gettito ma un calo. L’importante è identificare a seconda del momento storico il punto di svolta. Allora era sul 30%, ora che è aumentata la competizione globale e sceso al 20».
L’originale di quel tovagliolo in mostra al Museum of National Heritage di Washington. Laffer divenne nel 1981 capo economista di Ronald Reagan e varò una riforma fiscale molto controversa a cui è ispirata quella dl Trump.
Allora come ora si parò regalo alle aziende e ai ricchi. Dov’è il bene per l’economia?
Le rispondo con i dati: la riforma entrò in vigore nel dicembre 1982 e da allora allo stesso mese dell’anno dopo l’economia crebbe del 9%. Nel 1984 Ia crescita fu del 7%, negli otto anni dei due mandati in media del 3.2.[spacer height=”20px”]
Però si ricorda il disastro per le finanze pubbliche.
Se c’è stato qualche disastro, è stato dovuto alla mancanza di controlli successivi sulle spese— erano gli anni del build up militare di Guerra Fredda e successive guerre — e all’infinità di deduzioni e privilegi che hanno portato i ricchi, gente come Bill Gates o Warren Buffett, a pagare aliquote ridicole. a una cifra. la colpa fu delle amministrazioni successive, non tanto di Clinton, per il quale votai, quanta di George W.Bush. Quello sì che fu un disastro, la crisi del 2008 fu colpa sua. [spacer height=”20px”]
A proposito di presidenti, ma a lei Trump piace?
Certo, la coincidenza con il Russiagate è inquietante, ma io sto nel Tennessee, vado a spasso con i cani nel weekend, non è che abbia molto In comune quanto a stile di vita… Lascio il giudizio ai politici, io faccio l’economista. [spacer height=”20px”]
È sempre convinto della teoria della trickle down economy, qualcosa “sgocciolerà” verso le classi inferiori se i più ricchi guadagnano di più?
Non ci ingabbiamo in definizioni che hanno fatto il loro tempo. Intanto, questa riforma guarda alle grandi aziende, il regime fiscale per gli individui cambia poco. Quello che sostengo e che ho spiegato ai membri dell’amministrazione, che conosco tutti benissimo (l’attuale vicepresidente Mike Pence era suo compagno di corso a Yale, il segretario al Tesoro Steve Mnuchin è stato suo allievo a Chicago. ndr), è che la funzione di stimolo all’economia sarà notevole, le aziende investiranno, assumeranno, pagheranno meglio i dipendenti. E quelle che sono andate all’estero rientreranno. In conseguenza. la ripresa accelererà. [spacer height=”20px”]
Ma l’economia americana è già all’ottavo anno dl crescita.
Si, ma e una crescita anemica, sul 2%. Ora schizzerà al 3% e per diversi anni. È matematico. [spacer height=”20px”]
Di matematico per ora c’è solo che il ceto medio non sarà neanche sfiorato dai benefici che andranno ai ricchi. O no?
Scusi, a vantaggio di chi andranno le migliori opportunità di lavoro, gli aumenti salariali, la ripresa complessiva? A parte che ci sono diversi tagli, per esempio chi guadagna 70mila dollari scenderà dal 25 al 12%, non guardi alla griglia delle aliquote con l’atteggiamento freddo del contabile, usi la lente dell’economista. Solo a chi vuole che tutti i ricchi diventino poveri per qualche malintesa spinta ideologica, questa riforma non piace. Porterà invece più ricchezza complessiva. a beneficio di tutta la popolazione. [spacer height=”20px”]
Eugenio Occorsio, La Repubblica 3 dicembre 2017