Il Sole 24 Ore in un articolo sulle promesse elettorali senza copertura sostiene che la flat tax proposta da Berlusco Ma la flat tax berlusconiana, ha una aliquota base del 25% e non del 20. E non comporta perdita di gettito perché come spiega il testo che la illustra, essa per evitare il rischio di sbagli sul gettito, dovrà entrare in funzione gradualmente.
Mediante l’analisi del gettito ricavato dai diversi scaglioni di contribuenti, risultanti dalla ultima dichiarazione dei redditi disponibile, aggiornata ai redditi del 2019, io con il mio piccolo gruppo di ricercatori, ho studiato una flat tax del 23% accompagnata da un contributo sanitario regionale progressivo con aliquota intermedia del 2%, e un meccanismo di riduzioni fiscali per i bassi redditi un po meno ambizioso di quello di Berlusconi, che assicura parità di gettito rispetto al Pil già nel 2019, in cui si tassano i redditi del 2018.
I redditi alti in Italia danno poco gettito in Irpef e che data la progressività delle aliquote e la riduzione del potere di acquisto della moneta, sia pure modesta, degli utili tre anni, senza nessuna riforma, l’Irpef darebbe un aumento del gettito sul Pil.
Però la cosa più importante della flat tax, è proprio quell’effetto Laffer, che da essa si otterrà grazie all’aumento degli imponibili causato dalla moderazione delle aliquote. Questo effetto sviluppa soprattutto nel tempo.
Ma l’effetto Laffer non va deriso come elettoralistico o populista, va preso sul serio Era ben noto anche agli antichi scrittori di finanza, che dando consigli al sovrano si occupavano non tanto del benessere dei sudditi, quando di quello dell’erario e ricercavano l’aliquota che dà il gettito massimo, che non è la più elevata, che deprime l’economia.
Negli ultimi anni, abbiamo avuto una fuoriuscita dall’Italia di 400mila giovani dotati di competenze qualificate che sono andati a trovar lavoro all’estero, mentre abbiamo registrato un afflusso di immigrati ufficiali quasi eguale, privi o quasi di competenza.
Il gruppo Fca e altre imprese hanno posto all’estero i centri di ricerca, quelli di gestione manageriale e altre attività, perché là il personale con retribuzioni medio alte è tassato di meno che in Italia.
Molte nostre imprese con brand importanti hanno portato all’estero la sede legale dell’azienda perché in tal modo chi riceve le royalty paga meno tasse.
La flat tax fa emergere l’economia sommersa, riduce le evasioni, fa rientrare i capitali, lascia disponibili più mezzi per il risparmio e per lo sviluppo della piccola impresa e delle iniziative basate sul capitale umano.
È la base fiscale del buon governo, in cui le imposte servono come prezzo dei servizi pubblici e vanno ad essi commisurate. La mano tesa ai meno favoriti fa fatta con tributi specifici, come il contributo sanitario regionale progressivo.[spacer height=”20px”]
Francesco Forte, Il Giornale 3 gennaio 2018