La stagione porta con sé due domande, che cortesemente mi sono sentito porre: per chi voti? per chi consigli di votare? Non rispondo e svicolo. Intanto perché non ho voglia di fare propaganda e, se l’avessi, non avrei soggetti che mi sembrino meritarla.
Non è una bella cosa, ma è così. Gli interroganti, però, non è che chiedano d’essere indirizzati come automi, pongono una questione più generale: che si fa? Il 4 marzo e dopo? Non tutto è uguale, quindi, effettivamente, svicolare e basta non è leale.
Provo a formulare una risposta meno evasiva.
La cosa che non deciderò è di non decidere e di non votare. L’educazione familiare e il ricordo di quando votare non si poteva me lo impediscono.
Se fossi un elettore deciso a votare a sinistra voterei per +Europa. Non solo per il nome, che pure conta, ma anche perché nel programma ha un taglio economico che punta a fluidificare il mercato, abbassare con continuità il debito pubblico e almeno bloccare (sarebbe meglio tagliare) la spesa pubblica.
Se fossi un elettore orientato a destra farei attenzione ai candidati. Userò il nome di uno che non è candidato, ma giusto per capirsi: se sulla scheda trovo Antonio Tajani lo voto. Perché una destra che perde l’ancoraggio europeo diventa nazionalista e pericolosa, anche senza la ripugnante fuffa fascisteggiante, quindi ha senso dare una mano a chi la trattiene sul terreno della ragionevolezza e della civiltà.
Se decidessi di votare per chi corre da solo potrei sperare di trovare sulla scheda (non è detto, dipende da dove vado a votare) il glorioso e mal ridotto simbolo dell’Edera repubblicana, o il giovanile entusiasmo di 10 volte meglio. Perché il tripolarismo malato di promettite incosciente non si regge, sicché ha un senso lanciare un segnale dissonante.
Se guardassi dall’esterno, risalendo in senso inverso, farei osservare: a. a chi vota disallineato che non eleggerà nessuno, perché quelle liste non raggiungeranno il quorum; b. a chi vota destra razionale che così facendo foraggia anche quella irrazionale; c. a chi vota sinistra occidentale che così porta acqua anche a quelli della stolta “elasticità” e al laurismo levantino dei bonus. Non è bello, ma è così. Pessima legge elettorale, ma lo si è già detto quando la inventarono.
Il 4 sceglierò andando al seggio e, forse, mi pentirò uscendone. Il 5 esamineremo i risultati. Ma già di primo mattino, allo specchio, rivolgendomi a me stesso, chiederò: quando la finiamo di prenderci per il culo? Quando si smetterà di credere che tutto dipenda dagli eletti e nulla dagli elettori? Tutto da chi legifera e nulla dai cittadini?
Quando faremo i conti veri, raccontandoci del nostro arricchimento patrimoniale e del nostro impoverimento produttivo e reddituale? Quando la pianteremo di sperare di potere dimostrare che la colpa è sempre di qualcun altro?
Perché quando la faremo finita con questa gnagnera irresponsabile e qualunquista l’Italia migliore riprenderà a essere visibile. Se volete venire tutti a farvi la barba (o il trucco) da me, sarete i benvenuti. Staremo stretti, ma meglio.
Davide Giacalone, 24 febbraio 2018