È paradossale che in una fase pre-recessiva si blocchi una grande opera che può essere accelerata senza costi finanziari per lo Stato, dato che le imprese presentano il conto al committente con dilazioni e possono finanziarsi scontando le fatture.
1. Il rilancio darebbe un grande beneficio a Genova e al suo porto, quindi alla sua ripresa dopo il crollo del Ponte Morandi, con vantaggio per Carige, che ha un destino legato alla Liguria. Toninelli pensa di bloccare un’opera europea con un’analisi costi-benefici, effettuata dal suo ministero che è in realtà soprattutto una analisi costi-ricavi, mentre la Tav è finanziata al 40% dall’Europa sulla base di analisi di super esperti.
2. La Tav è stata approvata dal Parlamento italiano con un trattato internazionale che né un ministro né il governo può cancellare. Inoltre la Tav potrebbe esser realizzata dalle Regioni interessate, con i contributi europei e un piccolo pedaggio al tunnel.
3. Adesso l’analisi costi-benefici non serve. Infatti se non si termina l’opera si spende molto di più che a farla. Il traforo sul versante italiano, costa 5 miliardi, di cui il 40%, due miliardi, a carico dell’Europa e il 60%, ossia 3 miliardi, dell’Italia. Le opere di adduzione altri 2,5 miliardi, di cui il 40% a carico dell’Europa e l’1,5 all’Italia. In totale l’opera ci costa 4,5 miliardi. L’Italia ha ricevuto 670 milioni dall’Europa, a cui li deve ridare se non la fa. Dovrebbe rimborsare 1,1 miliardi ricevuti dall’Europa. A ciò si aggiungono 1,650 miliardi già spesi dalla Francia, che va indennizzata.
4. La messa a norma del traforo attuale del Frejus, necessaria ove non si faccia quello della Tav del Moncenisio, costa 1,7 miliardi e richiede quasi un decennio, con traffico ridotto e rischi di infortuni. Vanno aggiunti 400 milioni per indennizzi alle imprese per la rottura dei contratti e altrettanti per la messa in sicurezza dei cantieri delle opere effettuate.
5. Non fare la Tav costa circa 6 miliardi! Le analisi costi-benefici ministeriali adottano un tasso di interesse del 2,5% per lo sconto dei benefici futuri al presente, considerando il punto di vista dei cittadini attuali. Ma ha ragione Salvini quando dice che bisogna guardare al futuro. Il tasso di sconto corretto per i benefici collettivi non deve danneggiare le generazioni future rispetto alle presenti. Pertanto è il costo opportunità dell’investimento in impieghi alternativi: che è pari al tasso di crescita del Pil nel lungo termine, cioè per l’Italia l’1% al massimo. Il beneficio scontato al presente, con questo tasso, è più che doppio.
6. Il traffico del traforo Tav non va calcolato sui dati dell’attuale servizio ferroviario fra Torino e Lione che essendo scadente comporta un modesto traffico. Inoltre il Canale di Suez dal 2016 è stato raddoppiato, rendendo conveniente per i Paesi asiatici la rotta mediterranea, verso i Paesi che vi hanno più porti e meglio ubicati, cioè Grecia e Italia generando un maggior traffico sui 3mila km del corridoio mediterraneo. Ciò favorirà in primo luogo il Nord e Centro Nord d’Italia, ma anche il centro e il Sud dalla Sicilia ai due versanti tirrenico e adriatico, in un rapporto preferenziale di scambi con l’Asia, che si proietta sull’Est europeo e nei i rapporti con Francia e Spagna.
7. I benefici della Tav nel tratto italiano non vanno solo all’Italia, ne traggono beneficio anche Francia, Spagna, Est Europeo, a cui non facendo la Tav dobbiamo dar conto di ciò. E del resto i nostri benefici riguardano anche quelli che ci dà la Francia, colle sue opere. Attualmente il traffico fra i due Paesi avviene per il 91% su strada, solo il 9% su rotaia.
8. Una tonnellata di merci su rotaia produce il 20% in meno di CO2 che su strada, ove impiega un tempo triplo. La Tav toglierà dalle strade un milione di Tir all’anno e ridurrà le emissioni di CO2 come una città di 300mila abitanti. Ci sarà risparmio di vite umane e di invalidità per la riduzione degli infortuni, risparmio di tempo. Il traffico cresce più del Pil e questi effetti aumenteranno nei decenni. La Tav fa parte della strategia di crescita con la tecnologia e di modernizzazione.
La scelta non è «fatto tecnico oggettivo», nessuna analisi costi-benefici lo è.
Francesco Forte, Il Giornale 2019