Tratto da Gli Stati Generali, 11 maggio 2016 – Se c’è un problema che la #BuonaScuola non sembra poter o voler risolvere è quello delle ripetizioni in nero. Secondo uno studio della Fondazione Luigi Einaudi di Roma il 90% delle prestazioni fatte da professori e altre tipologie di insegnanti al di fuori dell’orario scolastico avviene totalmente all’oscuro del Fisco italiano. Il totale sommerso ammonterebbe a più di 800 milioni di euro.
Osservando i dati l’OECD[1] emerge che gli studenti italiani sono secondi soltanto ai russi per tempo dedicato alle attività scolastiche fuori dalla classe tra compiti, ripetizioni a pagamento e aiuto dei familiari nello studio. Un impegno nettamente superiore rispetto alla media OECD che impegna i giovani italiani per quasi 12 ore alla settimana oltre l’orario scolastico.
Nonostante questo livello d’impegno elevato nell’orario post scolastico, gli studenti italiani continuano ad investire molto nelle ripetizioni private post scolastiche per migliorare le proprie performance. Questo è sintomo di un sistema che non funziona, forse, non ha mai funzionato. Vediamo il perché.
La necessità di ricorrere massicciamente alle ripetizioni (1600 euro l’anno e più di 2 volte a settimana è la media)[2] è la conseguenza di una programmazione scolastica che non tiene conto di più fattori:
– Allontanamento dello studente dal centro della scuola;
– Inadeguatezza dei programmi;
– Scarsa propensione alla competitività e alla meritocrazia;
– Difficoltà nel coniugare universo scolastico e universo lavorativo.
L’uso continuo delle lezioni private oltre l’orario scolastico che ci rende una realtà anomalia rispetto agli altri paesi dell’OECD, è il palese segno di un sistema incapace di allineare l’impegno degli studenti ai risultati e capace di generare oneri aggiuntivi sulle spalle delle famiglie italiane.
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