Adattarsi anche alle situazioni sgradevoli può essere una scelta saggia, specie quando non c’è modo di porre rimedio. Ma fare l’abitudine alle notizie negative, sottovalutare gli allarmi, specie se questo induce a non adottare i necessari e possibili rimedi, è condotta assai stolta. Le agenzie di rating, ovvero quanti misurano il rischio d’investimento, vanno confermando il giudizio sull’Italia. Da ultimo Standard & Poor’s, collocandoci ad appena due gradini dal livello spazzatura, che significherebbe bancarotta, e con una previsione negativa per il futuro.
Quelle valutazioni possono essere sbagliate, ma quando convergono suggeriscono di non prendersela con il termometro. Ed è vero che nulla cambia, perché questa era già la loro indicazione. Ma è ben magra consolazione, vuol dire che male eri e male sei messo. Per un solo giorno i titoli del debito italiano sono risultati meno affidabili (quindi più cari, per chi riceve il denaro in prestito) di quelli greci. Poche ore, ma un segnale potente. Pazzesco che in Italia si sia già dimenticato, ammesso che ce ne si sia accorti.
A seconda dei governi che si avvicendano i supporters di turno provano a sostenere che quei giudizi sono viziati da antipatia per i propri beniamini. Sono gli stessi che poco dopo li indicano come oracoli, certificanti l’incapacità dei successori. Ora prevale l’apatia.
Il guaio (serio) è che viviamo una stagione di lunga pace nei mercati, grazie alle scelte della Bce. Supporre che sia senza fine è dissennato. Quando si esaurirà quei giudizi negativi torneranno a generare dolore. Ciò perché, nel frattempo, non si è diminuita la spesa improduttiva, non è scesa la pressione fiscale, non si sono fatte riforme pro produttività. Non si sono fatte scelte. S’è vissuta la bonaccia litigando sul nulla e facendo ancora meno. Non un governo, ma diversi governi diversi fra loro.
Nessuno pensa un debito possa dissolversi, men che meno in tempi brevi, ma le previsioni negative dipendono proprio da quella litigiosa immobilità. Meglio svegliarsi, prima d’essere bruscamente sbrandati.