I liberali conoscono da sempre l’importanza basilare che un’informazione libera, e per questo plurale, nelle sue diverse espressioni, riveste in una società che intenda crescere e svilupparsi fondandosi su una cultura democratica di garanzia dei diritti individuali e di rispetto per tutte le idee e le opinioni. Ogni sistema di comunicazione che si produce in un contesto liberale deve pertanto connotarsi come svincolato il più possibile da impedimenti condizionanti – siano essi di carattere politico o economico – per svolgere coerentemente il suo ruolo di rappresentanza della pubblica opinione e di controllo sull’esercizio del potere che le moderne democrazie liberali gli riconoscono.
La Fondazione Einaudi si è proposta – fin dai primi anni ’90 – di rappresentare anche su questo versante un punto di riferimento e di osservazione in grado di approfondire e di analizzare l’evoluzione del sistema di comunicazioni che nel nostro Paese ha sempre presentato aspetti inquietanti di connivenza con i poteri politici ed economici.
Cinque sono le aree tematiche all’interno delle quali principalmente si è concentrata l’attività della Fondazione:
1) – Collocazione e ruolo di un servizio pubblico in un sistema radio-televisivo misto e superamento della sua funzione di supporto ai partiti politici. Tema discusso nel convegno Liberare la TV: regole, risorse, tecnologie per una società aperta (Roma, 1995) con la partecipazione di Giuliano Amato, allora presidente dell’Authority Antitrust, Giuseppe Santaniello allora Garante per la radiodiffusione e l’editoria, Paolo Ungari, Paolo Battistuzzi, Gian Piero Orsello, Vincenzo Vita, Giorgio Bogi, Giuseppe Giulietti, e di giornalisti autorevoli come Enrico Mentana, Demetrio Volcic e Alessandro Curzi. Al convegno intervenne anche l’ex direttore generale della RAI, Ettore Bernabei, che indicò una linea di dissenso rispetto al documento proposto dalla Fondazione, ovviamente incentrato sulla liberalizzazione del sistema televisivo (Pdf: documento – proposta). Questo documento segnò un momento importante nel dibattito sul futuro della RAI, proponendo per la prima volta la distinzione, anche giuridica e societaria, tra funzioni di servizio pubblico e presenza nel mercato della comunicazione a parità di condizioni con le televisioni commerciali. Il gruppo di lavoro che elaborò la proposta normativa fu coordinato da Giuseppe Corasaniti, magistrato noto per le sue pubblicazioni e gli interventi sul diritto della comunicazione.
Rientra in questa area anche il problema della radiofonia, affrontato nel seminario Radiofonia: risorse e contenuti per il futuro (1997), con relazione introduttiva di Franco Chiarenza e Stefano Gigotti incentrata sulla proposta di creare una struttura autonoma per la radio pubblica. Al convegno intervenne il ministro delle poste e telecomunicazioni del tempo, Antonio Maccanico.
2) – Etica della comunicazione. Regole o spontaneità? Quali sono i limiti invalicabili al potere tendenzialmente invasivo dei mass-media, e chi, e come, dovrebbe stabilirli? Quesiti al centro degli incontri organizzati a Napoli in collaborazione con la Fondazione Cortese e con l’università “Suor Orsola Benincasa” nel 1996 (Comunicazione senza regole. Il problema etico nei media vecchi e nuovi) e 2000 (L’informazione come condizione di libertà. Il problema etico nella comunicazione globale). Le partecipazioni e gli interventi furono numerosi ed autorevoli: basti ricordare quelli dell’ex giudice costituzionale Aldo Corasaniti (che svolse la relazione introduttiva del secondo incontro), sociologi come Gian Piero Jacobelli, Alberto Abruzzese, Paolo Mancini, Enrico Menduni, Mario Morcellini, ai quali si aggiunsero storici, personaggi attivi nel mondo della comunicazione, rappresentanti delle Autorità di garanzia interessate al tema (Comunicazione, Privacy, Antitrust). I documenti di base elaborati da gruppi di studio, coordinati da Franco Chiarenza, alla cui stesura hanno contribuito Sebastiano Maffettone, Franco Romani, Stefano Rodotà, Luciano Pellicani, Giuseppe Corasaniti, (Pdf:1996 – 2000) ponevano al centro dell’attenzione le possibili conseguenze della rivoluzione informatica, mettendo in rilievo le grandi opportunità per ulteriori ampliamenti degli spazi di libertà che i nuovi media interattivi consentivano, ma anche i rischi di un’informazione incontrollata in cui venisse meno il principio di responsabilità che deve restare connaturato a un esercizio corretto della libertà di informazione e di comunicazione.
3) – Monitoraggio dell’evoluzione della comunicazione digitale. Dal 2002 la Fondazione organizza un convegno in cui viene presentato il rapporto annuale realizzato da ITMedia consulting, un istituto specializzato diretto da Augusto Preta. Il convegno, intitolato La svolta digitale, rappresenta ormai un atteso appuntamento che vede la presenza e la partecipazione di operatori radio-televisivi, giuristi, rappresentanti del Governo, rappresentanti dell’Authority della Comunicazione (AGCOM), i quali in questa sede colgono l’occasione per fare il punto sugli sviluppi dell’innovazione digitale nei suoi diversi aspetti, tecnici, economici, giuridici.
Nel 2006 la Fondazione ha realizzato la ricerca I comportamenti di consumo di contenuti digitali in Italia. Il caso del file-sharing, coordinata da Davide Bennato e dall’allora direttore scientifico Giovanni Orsina, e che ha coinvolto tutti gli attori interessati a questi nuovi e non sempre positivi sviluppi della comunicazione interattiva (ANICA, AGIS, editori musicali, ecc.).
4) – Ricadute politiche dei media interattivi sui sistemi tradizionali di rappresentanza. Già prima dell’inizio del secolo appariva evidente che la diffusione generalizzata dei media interattivi poteva costituire un momento di delegittimazione delle consuete forme di delega nella rappresentanza ereditate dalla tradizione liberale dell’Ottocento, e fino ad oggi considerate insostituibili per un corretto esercizio delle democrazie contemporanee. Un gruppo di lavoro interdisciplinare era stato costituito a Firenze dalla Fondazione Einaudi tra il 1995 e il 2000, coordinato da Franco Chiarenza e da Gilberto Tinacci Mannelli, docente di quella Università, per studiare le possibili ricadute di un’espansione dei nuovi media interattivi che già allora appariva incontenibile (e lo diverrà in seguito ancor più con l’espansione dei “social-network”). L’iniziativa è venuta meno con il cessare del finanziamento della Regione Toscana.
5) – Comunicazione politica. Per approfondire il tema della comunicazione politica ed elettorale e in particolare delle modalità con cui essa si esprime in Italia, la Fondazione ha organizzato tre seminari negli anni 2002, 2003, 2004 che hanno visto riuniti molti operatori del settore per una riflessione sulla specificità del confronto politico nel nostro Paese. Si è trattato di incontri riservati ad un pubblico ristretto qualificato, organizzati in collaborazione con l’Associazione Consulenti Politici (presieduta da Maria Bruna Pustetto). Le riunioni, partecipate attivamente dagli intervenuti, venivano introdotte da un’analisi politica (in cui si sono succeduti giornalisti prestigiosi come Paolo Franchi, Stefano Folli, Giancarlo Santalmassi) con la partecipazione attiva altresì di esperti in sondaggi.
Nel cinquantennio trascorso, abbiamo dunque proposto e messo in atto strumenti di “vigilanza liberale” in un settore, come quello della comunicazione, essenziale per le nuove generazioni. Il mantenimento di ogni democrazia che in- tenda davvero essere liberale passa infatti oggi – e ancor più ciò sarà vero domani – attraverso l’utilizzazione dei nuovi strumenti di comunicazione, che vanno quindi studiati non soltanto dal punto di vista delle ricadute comportamentali ed economiche, ma anche e soprattutto da quello delle conseguenze politiche che potranno comportare. Per la cultura liberale è questa la sfida fondamentale del XXI secolo.
Franco Chiarenza