Per ripartire si deve agire subito, perché dopo avere chiuso per evitare i contagi ci si deve preparare a riaprire. Non basterà che sia cessato il pericolo, occorre che non s’incorra in quello, gravissimo, che quel giorno molti soggetti non siano più esistenti. E’ quanto scritto in una nota della Fondazione Einaudi.
“Molte attività produttive hanno già chiuso, altre restano aperte riducendo drasticamente o azzerando il fatturato. Nel primo caso i costi fissi continuano a correre, nel secondo a quei costi si sommano anche quelli di gestione. Senza un immediato intervento tutte queste attività finiranno con il non riaprire o per chiudere. Ciò provocherà il non pagamento dei fornitori, avviando così una catena di fallimenti. Quando questa emergenza finirà non solo non è scontato che tutti riaprano, ma è sicuro che molti produttori si troveranno già fuori dal mercato”.
“Cosa è necessario fare allora per offrire garanzie contro il virus delle nazionalizzazioni? Innanzitutto bisogna prevedere un ben più ampio ed esteso rinvio dei pagamenti all’erario e alla previdenza. Valga per tutti, come per tutti valgono le restrizioni. Ciò eliminerebbe un aggravio, ma non risolverebbe il problema: occorre infatti intercettare l’enorme liquidità creata dalle decisioni della Banca centrale europea. Il rischio che corriamo è che quella liquidità scorra potente nei tubi, ma non siano in funzione i rubinetti per portarla ai soggetti produttivi. Il che indebolirebbe l’intero sistema Paese. Occorre perciò che lo Stato offra direttamente garanzia per i prestiti bancari necessari a coprire i costi di gestione e le obbligazioni verso fornitori, almeno fino a giugno. Meglio se per l’intero 2020. Le garanzie dovrebbero consentire l’attivazione di finanziamenti a lunga scadenza. Toccherà a ciascun operatore economico onorare quei debiti. La garanzia non è un costo immediato e facilita l’apertura dei rubinetti. Questo approccio cancella l’ipotesi delle nazionalizzazioni, che oltre a lacerare l’intero tessuto connettivo della libera impresa porterebbe a sommare i costi di acquisizioni a quelli delle croniche perdite di gestione. Il caso Alitalia, purtroppo, ne è il fin troppo evidente esempio. La ripartenza sarà una stagione di crescita, se si sarà capaci ora, subito, di non perdere il patrimonio di imprenditori e lavoratori, mai come oggi non solo sulla stessa barca, ma anche sulla sola che possa portare l’Italia a navigare con forza nel futuro”, conclude la nota.