Lavori non in corso

Lavori non in corso

A progettare, talora fantasticando e senza scendere nei particolari, son tutti bravi, a realizzare meno. Nell’immaginario si suppone che la volontà politica conti più di ogni altra cosa, nella realtà l’incapacità amministrativa è in grado di azzerare qualsiasi volontà. Siccome andiamo incontro a una stagione in cui molti soldi potranno essere investiti o sprecati, meglio far tesoro degli errori passati.

Già alle prime piogge, sempre più spesso intense, si contano alluvioni, crolli e vittime. Inutile prendersela con Giove Pluvio, che fa quel che ha sempre fatto: far cadere l’acqua dall’alto in basso. Il guaio grosso è sul terreno che quell’acqua bagna. Lo si chiama “dissesto idrogeologico”. Ed è un problema assai serio del nostro Paese.

Ne abbiamo un altro, però, per il quale non si potrà scaricare la colpa sugli dei dell’Olimpo: con gli accordi di programma del 2010 sono stati stanziati 5 miliardi e 890 milioni, destinati ai lavori di messa in sicurezza, ad oggi ne sono stati spesi 1 miliardo e 531 milioni, il 26.3%. I danni prodotti dai mancati lavori superano di gran lunga il costo di quelli che non si sono fatti.

Le ragioni? So che già le immaginate. Leggo nella relazione ministeriale: “durata eccessiva delle procedure per l’ottenimento dei poteri, soprattutto il campo ambientale”; “pluralità di sistemi di monitoraggio e rendicontazione in funzione della tipologia di fonti di finanziamento”; “durata eccessiva di gare e contenzioso”; “ricorsi soprattutto in campo ambientale”; “problemi con i comuni cui è stata delegata l’attuazione”; “possibilità da parte dei commissari di utilizzare somme assegnate ma non trasferite”. In una sola parola: burocrazia.

Il parametro dei soldi spesi, rispetto ai già disponibili, inoltre, è significativo, ma non esaurisce il problema. Abbiamo l’esempio di molti fondi europei: pur di spenderli, alla scadenza del periodo, dopo essere rimasti fermi per anni, li si spende in fretta, sperperandoli.

Non è una maledizione divina, ma una follia umana. Non è un vincolo internazionale, ma una deficienza nostrana. Non genera solo impoverimento, ma anche morte. Rimedio? Riassetto legislativo e regolamentare. Roba di carta. Costo zero. Ma richiede testa.

Davide Giacalone 

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