Crepuscolo mentale

Crepuscolo mentale

Dato per tramontante da più di un secolo, l’Occidente splende a dispetto dei tramontisti. C’è una sorta di crepuscolo mentale che prende talune presunte coscienze del mondo libero, sicché ci si mostra pensosi solo ove si discetti dei difetti e delle carenze del mondo che si abita. A costoro sfugge il punto più rilevante: la nostra grandezza, insuperata, sta proprio in quei difetti e in quelle mancanze. La superiorità del nostro modello sta nella sua consapevole e dichiarata imperfezione. Ciò lascia orfana di certezze tanta parte del ceto che si sente intellettuale, incapace di distaccarsi dal confortevole capezzolo delle ideologie che ne assicurano l’identità. Che sia avvizzito e secco lo avvertono, ma compensano volgendo lo sguardo al pargolo meglio cresciuto, per rosicanti avvertire: quello fa una brutta fine. Può sempre essere. Loro fecero un brutto inizio.

La Cina annuncia che invaderà Taiwan? Ecco subito il biascicato monito: l’Occidente non saprà reagire, come si è visto in Afghanistan. La Russia ammassa le truppe al confine Ucraino? Può azzardarlo perché siamo impotenti. Un ricattatore ammassa disperati al confine fra la Bielorussia e la Polonia? Subiremo l’assalto, perché l’Europa è inerte. Per non dire del fondamentalismo islamico: soccomberemo. Ai cantori della sconfitta annunciata non passa per la testa che il mondo in cui si usa la forza militare per rendere forte la diplomazia è migliore di quello in cui usare le armi è il solo modo per avere qualche cosa da schierare. Non ricordano che l’Afghanistan con le truppe occidentali non era l’inferno in cui si crepa di fame. Soprattutto non ricordano d’essere gli stessi che lamentavano: che ci facciamo lì, con quel che costa? Che la libertà di culto (e di non culto) sia uno dei perni attorno cui gira la superiorità morale e storica del nostro Stato laico non li ha mai convinti, alla ricerca come sono di un qualche dio non ecclesiale cui votarsi, faticando a capire che a battersi contro un culto si ottiene un solo risultato: abbattersi e soccombere. È questo mondo sbandato, queste élite che non sono élite altro che nei consumi, ad avere sostituito la lingua chiara degli interessi in conflitto con quella blesa del politicamente corretto, con la quale provano a dominare i conflitti nel solo modo che conoscono: pensandosi il “bene” e pensando male.

In Italia ne viviamo anche una particolare declinazione, come si vede parlando di confini, immigrazione, assetti societari delle aziende e anche di caldaie: si prende un qualche soggetto che non si esprime nei nostri dialetti e lo si denomina “Europa” (che l’istituzione si chiami Unione europea è troppo difficile e smorzerebbe lo zotico tentativo di mostrarsi popolari), poi si prende un qualche interesse materiale o obbligo cui si è chiamati (come se le caldaie non dovessero avere il bollino blu anche in Italia) e si mette su la sceneggiata: l’Europa contro gli italiani. Da ultimo è andata in onda sul tampone per chi entra, omettendo d’informare che il solo, secondarissimo rilievo, era relativo non alla sostanza, ma ai tempi di comunicazione. Il nulla. E quando la cosa si dimostra per quel che è, ovvero una reboante bufala, allora ci si mostra tronfi: hanno fatto marcia indietro, se lo sono rimangiati. Così riprende a pascolare la suggestione della “grande proletaria”, che già di suo, visti gli esiti, dovrebbe suggerire una qualche prudenza.

Bon: l’Occidente non tramonta. Diciamo che c’è qualche occidentale tramortito dal troppo benessere, smisurato rispetto alle proprie capacità di razionalizzarne il meritarlo. Gioiscano per il trovarsi in questa parte del mondo, ma, se possibile, le giulebbe autocomiseranti le riservino alle loro biografie, ove troverebbero più di un punto d’appoggio.

La Ragione

Share