Oramai manca molto poco all’elezione del Presidente della Repubblica e, al di là del “toto nomi”, che lascia largamente il tempo che trova, forse siamo in tempo per mettere a fuoco cosa si chiede, quali saranno i compiti – non sono quelli istituzionali e costituzionalmente previsti – del Presidente della Repubblica, a partire da ora in poi.
Intanto, l’esperienza del passato ci insegna che, raramente, il disegno politico che stava dietro le elezioni di questo o di quel Presidente si è poi verificato realmente, trovando reale concretizzazione.
Spesso si va da una parte e poi, in realtà, si precipita da quell’altra. Ad esempio, Leone fu eletto con i voti della destra, per fermare i comunisti, e durante la sua stagione i comunisti andarono al governo. Pertini fu eletto subito dopo di lui con i voti della sinistra, per consolidare la solidarietà nazionale, ma, durante il suo settennato, i comunisti uscivano dal governo.
Quindi, non è che le cose riescano sempre come nelle intenzioni.
Ma quali sono le caratteristiche e gli appuntamenti che aspettano il Presidente della Repubblica da ora in poi? Primo: dovrà essere eletto, se saggezza prevarrà, da una maggioranza che coincide o supera quella del governo in carica, cioè del Governo Draghi.
Questo perché, per quanto sia importante la carica di Presidente della Repubblica, la stabilità, che è vitale per l’Italia, non è da qua a tre mesi e non è neanche da qua al 2023, ossia quando sono previste le prossime elezioni politiche.
Al contrario, è almeno da qui al 2025, cioè al completamento dell’arco temporale dei fondi europei e degli investimenti previsti nel PNRR.
Questa stabilità è fondamentale, perché altrimenti l’Italia dovrà andare a prendere i soldi necessari solo ed esclusivamente sul mercato dei capitali, pagandoli molto più cari.
Quindi, questa sarà la prima sfida, che riguarda non tanto il Presidente, quanto i “grandi elettori”, che dovranno individuarlo.
La seconda caratteristica del Presidente della Repubblica, nel tempo avvenire, è che si troverà nel 2023 – quando appunto sono previste le elezioni politiche – ad avere a che fare con un Parlamento completamente diverso da quello che lo ha eletto. Non solo per il risultato delle elezioni, ma perché diventerà esecutiva la riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari.
Quindi sarà un Parlamento strutturalmente diverso. Inoltre, il collegio elettorale dei grandi elettori, che eleggerà il suo successore, sarà un collegio che non avrà nulla più a che vedere con quello disegnato dai Costituenti nel 1948 e che è rimasto immutato fino adesso e che, immutato, elegge il Presidente adesso.
Perché? Perché mentre il numero dei parlamentari sarà diminuito, quello dei delegati regionali sarà rimasto identico. Quando si fanno le riforme costituzionali scombiccherate, va a finire che si cambia un aspetto, ignorando il fatto che questo cambiamento si ripercuoterà su altri aspetti.
Dunque, sarà un Presidente che dovrà accompagnare l’armonizzazione delle riforme fatte e che dovrà mettere mano alle riforme costituzionali. Un compito delicato.
Non è detto poi che debba durare sette anni, ma questo lo vedremo in corso d’opera.
Ad ogni modo, ad oggi, quello che conta di più, sarà la saggezza dei “grandi elettori”: se si lasceranno prendere dal desiderio di far vedere di esser prevalsi gli uni sugli altri, probabilmente il risultato pessimo lo avremo subito.
Invece, se fa si farà strada un po’ di ragionevolezza, da qua al 2023, dovremmo vivere almeno una stagione di relativa calma.
Tra pochi giorni lo sapremo.