Benvenuti a un nuovo episodio de #laFLEalMassimo oggi ci concediamo una parentesi letteraria e tentiamo un ardito parallelo tra l’Italia e il Rione dove nascono e crescono i personaggi dell’Amica Geniale
Premetto di non aver nessuna velleità da critico letterario o televisivo e che desidero solo approfittare della notorietà che la serie TV Rai sta dando ai bei romandi di Elena Ferrante per fare qualche riflessione sul passato e presente del nostro paese, sul successo e sul declino e su alcuni fattori che hanno influenzato anche i percorsi di crescita di diverse regioni del nostro paese.
Il rione è un posto povero, arretrato, di quelli che dopo le crescita del “miracolo italiano” sembrano resistere solo nei film o in aree estremamente circoscritte come le riserve indiane dei pellerossa. Ma si tratta anche di un serbatoio di ricco di energia potenziale, di un punto di partenza dal quale l’ascensore sociale può solo risalire, e le vie di questa ascesa rimangono terribilmente attuali: la formazione, l’impegno e l’innovazione.
Elena studia e grazie agli studi riesce a lasciare il Rione. Lila innova e grazie al design trasforma il mestiere del padre ciabattino in un negozio di lusso. Enzo che da fruttivendolo non era riuscito a studiare da bambino, impiegandosi alla sera finirà a programmare calcolatori IBM e ad avere una sua impresa.
Ma non c’è lieto fine, e dopo un percorso ascendente la società chiusa delle relazioni e dei conflitti d’interesse soffocherà l’energia vitale portandoci al declino.
Elena parte con le sue sole forze, ma quel che viene dopo la pubblicazione del libro è legato all’influenza della famiglia del marito. La maledizione del rione dipinge un paese classista dove chi nasce tondo non muore quadro, i figli dei ricchi si possono permettere battaglie ideali in nome degli operai, che devono mantenere sempre più a fatica un sistema dove pochi vogliono produrre, tanti vogliono ridistribuire e le nuove generazioni sono più povere delle precedenti.
La libertà d’iniziativa economica è la linfa vitale di qualsiasi progresso anche politico e sociale, la storia ci insegna che quando viene a mancare per l’ipertrofia della politica può esserci solamente il declino.