Oggi, a Parigi, s’incontrano i vertici delle Banche centrali europee, chiamati a consulto dalla Banca centrale europea. La distinzione fra inflazione temporanea, quindi passeggera e non preoccupante, e inflazione strutturale comincia ad avere il fiato corto. La Bce terrà la palla lunga, eviterà mosse brusche, ma già i mercati cominciano a scontare un rialzo dei tassi. Lieve, graduale quanto vi pare, ma è nelle cose. Più sarà graduale quello e più sarà imminente il ridursi dei sostegni Bce nel piazzare titoli del debito pubblico. Le due cose, per un Paese che ha un altissimo debito pubblico, dovrebbero destare un qualche interesse. Che non vedo.
Così come il virus porta con sé fastidiosi effetti non passeggeri, denominati “long covid”, c’è il rischio taluno contragga un morbo letale, un’illusione fatale, un imbroglio totale: che si possa a lungo campare con la covid economy, sussidiando e ristorando chiunque emetta un lamento. Tornare alla normalità non è solo smascherarsi e muoversi come un tempo, ma anche veder ricomparire i problemi accantonati. E fra questi ce n’è uno, pure urgente: ratificare la riforma del Mes, Meccanismo europeo di stabilità. Tutti i Paesi europei lo hanno già fatto, tutti i parlamenti coinvolti hanno provveduto, compreso quelle tedesco, pur essendo la Germania il solo Paese, assieme all’Italia, a non avere concluso la ratifica. Loro perché attendono la Corte costituzionale, noi perché attendiamo che le forze politiche non se la facciano sotto a parlarne e votarlo.
Per taluni è un inspiegabile spauracchio. Lo descrivono per quello che non è e non sarà. Non riescono a mettere in fila le bubbole che raccontarono con gli interessi dell’Italia. È come se chiedessi: siete favorevoli ad avere un Pronto soccorso nei pressi di casa? E mi rispondessero: no, non voglio finirci, quelli ti tagliano i vestiti e t’intubano. Nessuno vuole finire al Pronto soccorso, ma se serve meglio averlo nei pressi. Nessuno vuole andare in bancarotta, ma se ci finisci meglio una procedura ordinata e protetta che non un arrembaggio disperato. Nessuno desidera che la banca dove ha messo i soldi fallisca, ma se capita meglio avere un fondo che compensi le perdite e garantisca la restituzione delle somme non coinvolgibili nel fallimento, i soldi miei. A questo serve il Mes.
No bastasse ciò, che basta e straavanza, sarà bene ricordarsi che quando eravamo sotto le mazzate della speculazione contro i debiti sovrani fu l’intervento della Bce, a guida Draghi, a proteggere noi e l’euro. Quell’intervento non era un abracadabra, ma fu reso possibile dall’avere adottato decisioni collettive che ne dimostravano la credibilità, temibilità e praticabilità. Perché a chiacchiere si risolve nulla. Ora che l’Italia, a seguito del programma Next generation EU, è il Paese più beneficiato, nonché quello che ha scelto di prendere tutto il prestito disponibile, solo dei matti possono pensare che sia anche il solo Paese che non intende ratificare una riforma dell’assicurazione sulla vita dei conti pubblici, il Mes. Tanto più che se non ratifichi la riforma o ti escludono dal consesso dei ragionanti o t’appioppano il vecchio meccanismo, decisamente più rude e rudimentale.
Infine, se fossimo così folli da non ratificare saremmo dei paria esclusi dalla seria discussione sulla riforma del patto di stabilità, ovvero quello che detta le regole per il rientro dai debiti esagerati. Non sarebbe neanche masochismo, ma scemenza allo stato puro.
Ergo, la si faccia finita con la messinscena e si ratifichi subito. A quanti sentono il dolore di doversi contraddire si passi l’analgesico della comprensione: si sono contraddetti e smentiti tante di quelle volte che, nell’insieme, manco ci si farebbe caso.
La Ragione