Che la Russia divenga uno Stato canaglia non è un bene. Per nessuno. Sta di fatto che è governata da canaglie. Solo delle canaglie potevano portare a un voto Onu in cui a loro favore hanno votato solo loro stessi, la Bielorussia, la Corea del Nord, la Siria e l’Eritrea. L’associazione canaglie.
Una cosa che non si era mai vista. Si tratta di operare in modo che non succeda ancora. Il negoziato. Certo, il negoziato. Speriamo tutti che possa portare a un cessate il fuoco meno precario di quello per i soli corridoi umanitari, che pure è un passo avanti cui si è arrivati ieri, nel mentre veniva ribadita la promessa russa di distruggere l’Ucraina.
Siamo pronti a far finta che per Putin e le sue canaglie non sia una disfatta. Ma i primi a non crederci sarebbero loro e comunque il loro disegno aggressivo non può rinunciare alla Crimea e l’Occidente non può concedere in via stabile quel che sanzionò (noi italiani combattemmo in Crimea, contro la Russia zarista, già con Cavour, ben prima che qualche falso sovranista vendesse la sovranità al fronte avverso).
Lavrov, addetto agli affari esteri per conto delle canaglie, dice che una soluzione si troverà. Speriamo, ma è escluso che qualcuno si dimentichi che lui e il suo capo hanno appena finito di evocare l’uso dell’arma atomica. Possono farlo credere a quattro scimuniti ignoranti, ma quella che gestiscono non è manco per niente la più potente armata del mondo.
Solo che ha una particolarità: è in mano a canaglie che non esitano a usarla non come deterrente, ma come strumento di aggressione. Non potrà essere dimenticato. Ecco perché nessuno siederà più a un tavolo con Putin. Che strumenti abbiamo? Quanti, in Occidente, continuano a ripetere che siamo divisi e incapaci di agire è talmente zuppo di propaganda russa da non asciugarsi neanche al sole dell’evidenza.
Ma l’avere dimostrato grande compattezza e determinazione non significa avere già in campo le strutture e le forze necessarie. Respingiamo la depressione, non cediamo all’esaltazione. E ci costerà, non solo per i guai immediati che le sanzioni comportano, non solo per il gas, ci costerà perché dovremo costruire una forza militare unica europea, in concerto con la Nato, ma non da quella dipendente.
Servono soldi e servono cessioni di sovranità. Da un passo di quel tipo ricaveremo non solo un peso politico enorme, ma anche una potente spinta alla crescita economica. Perché l’industria della difesa è roba nostra. Non la compriamo in Cina. Prendere al più presto quelle decisioni ci aiuterà a far capire che se la Russia non vuol restare uno Stato canaglia deve liberarsi delle canaglie.
Nelle piazze russe sono scese persone che corrono rischi enormi, la protesta contro la guerra ha coinvolto le firme di russi protagonisti della cultura e della ricerca scientifica, anche il clero ortodosso s’è fatto sentire, deprecando quel che succede. Questa Russia ha bisogno di interlocutori, ha bisogno di non restare sola, ha bisogno di vedere oltre le canaglie che hanno ammazzato e arrestato le opposizioni.
Merita che noi non si vada appresso ai russi che stanno con le canaglie. Ma non saranno le piazze a far cadere Putin. Serve far capire all’intero apparato statale e industriale che lasciare le canaglie al loro posto significa avere scelto il collasso economico o la sudditanza ai cinesi.
Da questo punto di vista le sanzioni sono già all’opera. E mordono. Non si guardi solo agli oligarchi, cui va tolto tutto quello su cui si mette le mani, perché dei soldi rubati ai russi avranno sempre una scorta altrove. C’è una fascia sottostante di russi, che non hanno la barcona ma vengono a svacanzare pacchianerie, cui va tolta la boccia (di champagne).
Quello crea le condizioni perché le canaglie siano cacciate. Restituendo non solo dignità ma onore alla Russia irrinunciabile, senza la quale noi stessi non saremmo quel che siamo, popolata da cultura, educazione, malinconia. Sì, la malinconia russa che ci affascina. Quella che cogliemmo in Boris Pasternak e il suo Živago. La colsero anche le canaglie di allora. E lo perseguitarono.