Radical chic vs pop chic: dove stanno i liberali

Radical chic vs pop chic: dove stanno i liberali

Chissà come finirà la storia dei 50 immigrati con destinazione Capalbio a cui la così detta intellighenzia si sta opponendo. E’ la solita storiella che trova terreno fertile nella pigrizia agostana. Serve ai VIP finiti nell’ombra durante l’anno per ritrovare fama ma è anche utile alla controparte politica per dar loro addosso. Ci sfugge però nell’attuale confusione ideologica da che parte stiano i Radical Chic di Capalbio e chi sia invece la loro controparte. In verità la polemica estiva ci presenta una questione molto importante che naturalmente nella bagarre mediatica tra dichiarazioni ed interviste egocentriche più che scientifiche è svanita. La posizione più radicale è quella degli intellettuali che gli immigrati li vogliono ma non a Capalbio. Sono i così detti NIMBY – non in my back yard – mentre i più moderati sono i più chic a cui gli immigrati non danno fastidio, anzi ci possono stare se si trovano un lavoro. Si deduce quindi che una qualche competenza questi immigrati ce la devono avere.

Qui abbandoniamo il pettegolezzo da spiaggia per entrare nella questione. Nel silenzio totale ogni anno perdiamo migliaia di italiani che si trasferiscono all’estero. Tutti cercano quelle opportunità che in Italia non trovano. Molti sono davvero competenti, cioè hanno studiato o emigrano per trovare ulteriori professionalità. In altre parole portano valore all’estero. Da noi arrivano invece molti immigrati, come sappiamo da situazioni drammatiche. Naturalmente la maggior parte ha scarse competenze. La conseguenza è che le mille Capalbio d’Italia si riempiono di persone poco qualificate. I migranti ruberanno il lavoro dei locali o non trovandolo andranno a cercarlo altrove incrementando il disagio sociale? Può essere, ma difficilmente sottrarranno il lavoro a quelli del luogo. Infatti, come molti italiani emigrano all’estero, sempre di più lasciano i loro paesi per trasferirsi nelle grandi aree metropolitane o in quelle zone dove ci sono più opportunità.

Tra questi ci sono soprattutto quelli che hanno studiato e che a casa loro, nei cosìddetti paesoni di provincia, non solo non trovano opportunità, ma nemmeno stimoli. Il rischio del provincialismo è una brutta bestia che spaventa i giovani esposti alla globalizzazione. A questo aggiungiamo che le nascite di nuovi italiani sono sempre meno, anche nei paesoni, seppure con una progressione più lenta rispetto alle metropoli dove i single primeggiano. Purtroppo ci sono pochi dati a nostra disposizione, Governo e movimenti politici dovrebbero seguire il fenomeno molto più da vicino affidandosi a studi ben articolati. Da qui passa il futuro del lavoro e la ricchezza del nostro paese.

È così evidente che in tempi e modi diversi gli immigrati sono fondamentali per una popolazione che cresce sempre meno, vive più a lungo, vorrebbe lavorare di meno e fatica a coltivare quelle nuove generazioni di professionisti che hanno non solo le competenze ma anche le attitudini per affrontare la rapidità con cui il mercato del lavoro (e non solo) evolve. I 50 immigrati diretti a Capalbio fanno parte della rivoluzione sociale che stiamo sperimentando.

Se gli altri ci rubano i talenti e noi facciamo poco per tenerceli, se fatichiamo d’altro canto a prenderci quelli altrui, dobbiamo arrangiarci con chi arriva. L’accoglienza iniziale è un dramma che stiamo vivendo, ma è solo la prima parte. Serve poi integrarli e soprattutto educarli per avviarli ad una professione che, visto il mercato, richiede competenze elevate e attitudini particolari. Abbiamo perso l’occasione con molti dei primi arrivati dall’Est, la maggior parte dei quali opera con scarsissime qualifiche contribuendo ad abbassare il livello professionale e la qualità di vita del paese. Da Capalbio passa la seconda occasione. Gli intellettuali siano più pop e meno chic, cominciando ad investire nell’educazione dei primi 50.

Pietro Paganini, La Stampa del 17 agosto 2016

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