Draghi ha convinto alcuni riottosi componenti del suo esecutivo ad accettare l’inserimento della riforma delle concessioni balneari nel disegno di legge che riguarda il libero mercato
In principio fu la Bolkestein, vale a dire la direttiva europea sulla liberalizzazione dei servizi del 2006 che prese il nome dall’allora commissario europeo, il solito olandese che ci vuole male. I successivi governi italiani o hanno traccheggiato o hanno ostacolato l’attuazione (il governo Conte I con una proroga-monstre al 31 dicembre 2033 si è segnalato per il consueto record negativo) o – pur mettendoci buona volontà – sono stati bloccati.
Fortunatamente sono piovuti in questi anni provvedimenti dell’Autorità Antitrust, della Commissione Europea, sentenze della Corte di Giustizia, della Corte Costituzionale, dei Tar e nel novembre 2021 del Consiglio di Stato, che hanno smentito qualsiasi interpretazione riduttiva della direttiva e alla fine costretto anche il riluttante governo di Roma ad attivarsi.
Per la verità Draghi ha accolto favorevolmente la pronuncia dei giudici di Palazzo Spada che impone di mettere a gara le concessioni entro il 31 dicembre 2023 e anzi l’ha utilizzata per convincere alcuni riottosissimi componenti del suo esecutivo ad accettare l’inserimento della riforma delle concessioni balneari nel disegno di legge sulla concorrenza.
Com’è noto il sistema attuale si basa su concessioni a lunghissimo termine, spesso con rinnovo automatico e che prevede tariffe molto basse per lo sfruttamento di gran parte degli stabilimenti. Il giro d’affari del settore è stato valutato dal Consiglio di Stato intorno ai 15 miliardi di euro mentre i pubblici concedenti ricavano poco più di 100 milioni da quasi 27.300 concessioni “a uso ricreativo”.
Nessun settore che si basa su un bene immobile (spiagge e insediamenti turistici lo sono) ha un rapporto così sbilanciato tra costo degli immobili e ricavi. I soldi che rimangono nelle tasche dei concessionari sono sottratti a quelli del contribuente (lo Stato troverà altrove le risorse che non prende dalle spiagge) e, per di più, con quasi nessun rischio di concorrenza, i gestori hanno un incentivo perverso a fare pochi investimenti per migliorare il servizio o tenere bassi i prezzi.
Infine, a prescindere dalla buona gestione degli attuali concessionari (ovviamente alcuni sono bravissimi), si è finora impedito l’ingresso di nuovi operatori più efficienti, con una perdita complessiva per l’intera economia in termini di innovazione, investimenti e soddisfazione del consumatore. Un perfetto gioco a somma negativa.
Orbene, il premier è deciso a portare quanto prima in aula il ddl concorrenza e ha reso nota la sua netta contrarietà a qualsiasi proroga del termine della fine dell’anno prossimo, salvo possibili eccezioni per quei comuni che non sono in grado dì effettuare i bandi, nonostante i 18 mesi a disposizione! Un suggerimento: se un comune è così inetto, è un buon motivo per esercitare il potere sostitutivo dello Stato.
Altro tema dì discussione con i partiti sono gli indennizzi per chi perdesse la gara o rinunciasse a parteciparvi. Ebbene, non ? una richiesta irrealistica (così come un diritto dì prelazione a parità dì offerta) e già è prevista per i mancati ammortamenti, ma ci vuole una reale creazione di valore.
Ad esempio, se per uno stabilimento di pregio si sono pagate poche migliaia di euro, eventuali miglioramenti hanno solo in parte compensato il privilegio.
Le infiltrazioni della “criminalità internazionale” paventate da Forza Italia sono bizzarre: in genere sono gli altri paesi che temono mafia, ‘Ndrangheta e camorra.
Infine un riconoscimento: un partito che si è distinto per procedere velocemente è stato il M5S. Bravi: non saprei se la folgorazione è avvenuta sulla via di Damasco o di Volturara Apulia, ma la luce divina è sempre un gran dono.