Recessione

Recessione

Le Borse valori non sono l’intera economia. Non ne sono neanche l’oroscopo. Sono, però, posti dove si può sentire l’aria che tira. Per fiutarla bene ci si deve difendere dall’informazione troppo urlata, perché, se frugate nella vostra memoria, ci trovate un notevole numero di volte in cui sono “crollate”, in cui miliardi sono stati “bruciati”, mentre ricorderete pochi titoloni inneggianti alla risalita e alla “creazione” di denaro (che, difatti, né si brucia né si crea).

Eppure, nel medio periodo, le Borse sono sempre salite e si può essere fiduciosi che continuerà ad essere così. Epperò, se Wall Streat chiude il peggiore semestre dal 1970, qualche cosa significa (sempre ricordando che la ricchezza accumulata dal 1970 è solo scheggiata dal peggiore semestre appena concluso).

Significa che le Borse, ovvero la collettività di soggetti investitori professionali, uno diverso e in competizione con gli altri, sicché ciascuno spera di vedere quel che gli altri non vedono e fregarli, quella collettività sente odore di recessione e non scorge rimedi all’opera.

La pandemia non è stata uno scherzo, ma ci sarebbe voluto poco a riprendere la ricchezza consumata e non prodotta. Logistica e inflazione hanno creato un problema immediato, ma sarebbe velocemente passato. Il guaio della criminale invasione dell’Ucraina non è solo l’avere aggravato e gettato benzina sul fuoco dell’inflazione, ma dall’avere inceppato il giocattolo che ha creato la più poderosa crescita di ricchezza, la sua più massiccia diffusione e la più vasta e spettacolare sottrazione di moltitudini alla fame: la globalizzazione.

Lasciate perdere quelli che ne cantano la fine, perché la globalizzazione non è finita affatto e riprenderà la sua corsa, ma in condizioni diverse: dove le filiere produttive inseguivano la convenienza prenderanno a mettersi al riparo dell’affidabilità. Il mondo resterà globale, ma dovendo riscoprire il ruolo dei confini. Che è poi la ragione per cui la Cina, con la globalizzazione divenuta fabbrica del mondo, dovrà decidere se fare della Russia una propria colonia sia più conveniente rispetto al perdere il resto dei mercati.

Le più recenti crisi globali sono state risolte in breve tempo e con strumenti a disposizione delle banche centrali. Chi ne abbia dedotto che sono onnipotenti, però, si sbaglia. Oggi, appunto, possono ben scegliere di fermare l’inflazione, aumentando i tassi, ma in un mercato in cui i Paesi sono a loro volta assai indebitati e con il rischio di strozzare la crescita, chiamando la recessione.

Oppure potrebbero scegliere, come nel recente passato, di favorire il sostegno alla crescita, con tassi molto bassi, ma così soffiando sul fuoco dell’inflazione. La quale andrebbe anche bene agli Stati indebitati, diminuendo il valore del debito, ma assai meno ai risparmiatori privati che vedrebbero diminuito il valore dei loro soldi, e dai cittadini tutti, che continuerebbero a reclamare l’indicizzazione del loro potere d’acquisto.

Ma, ad esempio, il governo italiano non ha il potere di tagliare o congelare gli aumenti dei prezzi energetici, sicché si limita a spostarli, toglierli, in parte, dalle bollette e trasferirli nei conti pubblici. Peccato che:

  1. il “taglio” non sarà mai abbastanza;
  2. l’averlo raccontato diffonderà la convinzione che sia possibile;
  3. con i tassi in crescita lo spostamento costa, agli stessi che pagano le bollette.

Stanti così le cose, non vedendo all’orizzonte soluzioni miracolose (che non esistono), le Borse s’affliggono e non credono al ribasso di qualche giorno, pertanto i titoli in discesa non vengono ricomprati (mentre le obbligazioni vanno benino, beneficiando del trasloco).

Noi italiani siamo in una condizione particolare: lo Stato è esageratamente indebitato, mentre le famiglie meno della media europea. Il nostro debito è pubblico, mentre l’aggregato nella media. Imprecare contro il passato, serve a nulla. L’importante è non commettere gli stessi errori. Inseguire l’inflazione importata finisce con il riprodurla e ingigantirla.

Il debito per spesa corrente è un suicidio. Mentre sui piani d’investimento, con fondi europei e sborsati dai (pochi) contribuenti, sarebbe economicamente conveniente un impegno di ciascuno a proseguirli quali sono, chiunque governi. Si sopportano le chiacchiere inutili, non quelle costose.

La Ragione

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