Non è sensato che i soldi disponibili per Ischia non siano stati spesi e già si dicano insufficienti quelli disponibili per il Pnrr. I fondi europei per rimediare al dissesto idrogeologico, Ischia compresa, erano pari a 8.5 miliardi. Prima di Next generation Eu e del Pnrr. C’era un coordinamento a Palazzo Chigi. Cambiato il governo (con il Conte 1) lo si è smontato. 8 miliardi sono andati dispersi in altri capitoli di spesa. Dei fondi europei 2014-2020 siamo stati capaci di spenderne sì e no la metà. E ora andiamo dicendo che i 235 miliardi per il Pnrr sono pochi. Prima che dalla galera, reclamata dall’impareggiabile Pichetto Fratin, si finisca al manicomio, fermiamoci a ragionare. Perché se anziché cercare scuse per deresponsabilizzarsi degli insuccessi si cerca responsabilmente di capire come rimediare, s’intravede anche un dovere politico che coinvolge maggioranza e opposizione, giacché riguarda il Parlamento.
Cominciamo dal fondo: il Tribunale amministrativo regionale della Puglia accoglie un ricorso contro i lavori di costruzione di un importante nodo ferroviario, fra le altre cose ci sono dei Carrubi da salvare. Poi ci si lamenta che l’alta velocità va a rilento. Prendersela con il Tar serve a nulla, in quel modo si tarocca la realtà. Il procedimento è ancora in corso, magari si risolve e i Carrubi traslocano, ma il problema sono le norme: scritte come peggio non si potrebbe, prolisse, contraddittorie. Diche Giancarlo Coraggio, magistrato amministrativo e già presidente della Corte costituzionale (cambiano vorticosamente, e anche questo è grottesco): usiamo le direttive europee, così come sono, senza riscriverle malamente. Giusto. E facciamo i testi unici: una grande riforma, che costa niente ed è bastevole una squadra di giuristi. Più le leggi e i regolamenti sono confusi, più è difficile fare bandi e parteciparvi. E questo è l’altro problema: personale amministrativo non all’altezza. Ma basta avere università selettive e concorsi fatti bene. Mica serve essere paranormali, basta sapere dove mettere le mani.
Quindi si passa all’amministrazione centrale, il governo: quello Meloni ha opportunamente confermato la squadra tecnica predisposta dal governo Draghi, per il Pnrr. Bene. Intanto aggiunge che i ritardi erano precedenti e che il piano va cambiato. Cioè li ha confermati e li considera in difetto. Non ha senso. Stanno solo mettendo le mani avanti, il che serve a nulla. Il fatto è che il nuovo governo ha chiesto alle singole amministrazioni una ricognizione dei fondi disponibili, delle spese in corso e dei lavori avviati. Giusto, ma insensato. Perché sono cose che dovrebbero essere continuamente aggiornate e disponibili a tutti gli interessati. Altrimenti è come comprare casa e poi chiedere se c’è il tetto e l’impianto elettrico. E siccome i signori ministri non sono onniscienti (taluni tolgono il dubbio) vanno a fidarsi di qualche funzionario, che non sia quello di cui ci si fidava prima. A quel punto puoi pure confermare la squadra, ma senza un capo coerente giocheranno in cortile.
Il che porta al legislatore. Fare leggi che richiamano leggi e che nessuno è in grado di leggere è follia, ma è anche il solo modo per infilarci le magagne (tipo Ischia nel 2018). Questo poi corrompe la parte amministrativa e via di seguito. Ci siamo capiti. Tutto questo polverizzando le responsabilità, diffondendo irresponsabilità e portando poi nei tribunali, ove è impossibile si rimedi ai guasti ormai prodotti. È come chiede all’autopsia come curare il defunto.
In queste condizioni nessuno è in grado di governare o amministrare. O si procede per commissariamenti, a loro volta bancarotte del diritto, o si cercano scuse. Nessun governo è eterno, ma questi problemi restano. Ecco il terreno su cui far fiorire una politica che non sia coltivazione d’egolatrie insignificanti: smontare e ristrutturare l’intera baracca. E a parlare di cose concrete, mandando a stendere gli sbandieratori, c’è anche il rischio di collaborare e riuscirci.