Concorsi

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Per filosofare si deve prima mangiare, ma per mangiare si deve guadagnare, per guadagnare lavorare, per lavorare sapere qualche cosa. Allora l’incapacità di filosofare, intesa come mancanza del sapere, farà scarseggiare il mangiare. A quel punto resta solo l’elargire sovvenzioni pubbliche, ma la povertà resterà il marchio della vita di troppi. Se si presta attenzione alle condizioni della scuola si coglie un concretissimo meccanismo di distruzione pubblica. I concorsi stanno diventando un oltraggio al buon senso. Il problema sociale sarebbe quello di diffondere l’istruzione, ma il problema politico e sindacale è quello di sistemare 500mila “precari”. Termine con il quale s’identifica chi sembra stia subendo un sopruso, mentre è l’incarnazione del sopruso di chi già insegna senza mai avere vinto un concorso e che, in virtù di ciò, conta di poterlo fare per il resto della vita. Ci si occupa del posto di lavoro dell’insegnante, mentre il servizio reso agli studenti è dettaglio residuale. I 500mila sono quelli che si trovano in cattedra da tre anni, in questo momento i supplenti sono 217mila, mentre 1 milione 900mila languono nelle varie graduatorie, popolate da persone che il concorso non lo vinsero. Fra questi si conta di “stabilizzarne”, ovvero
metterne definitivamente in cattedra, qualche decina di migliaia, mediante concorsi dedicati e facilitati. Il che è illogico, perché si dovrebbe semmai fare un concorso aperto a tutti, mettendo in cattedra i più bravi, partendo dal presupposto che chi insegna da tre anni è avvantaggiato dall’esperienza. Invece gli si abbassa l’ostacolo, perché quello normale non lo supererebbe.

All’ultimo concorso per insegnanti di matematica ben il 90% dei candidati non ha superato la prova scritta. Il che spiega come mai l’Italia si trova in fondo alle classifiche europee, giocandosela solo con Romania e Bulgaria, circa le capacità matematiche degli studenti. Con la conseguenza che i figli delle famiglie più povere, economicamente e culturalmente, hanno percentuali di analfabetismo matematico quattro volte superiori a quelle di famiglie che possono permettersi aiuti privati. Nel 2017 si tenne un concorso per dirigente scolastico, i presidi di un tempo. Ora in Parlamento si discute la proposta di consentire a chi fu bocciato di seguire un corso di 120 ore per poi superare una prova facilitata e andare a spiegare agli altri come si fa a insegnare. È dovuto intervenire il Consiglio di Stato per depennare dalle graduatorie gli
“asteriscati”, vale a dire i dirigenti bocciati e inseriti cautelativamente (hai visto mai facciano ricorso) in rampa di lancio. Il che spiega perché si prova a ripescarli in Parlamento, con asteriscata solidarietà.

Il governo Draghi mise da parte 300 milioni per premiare il merito, fra gli insegnanti. Ora che il merito si trova nel nome del ministero si prova a usarli per il rinnovo contrattuale, quindi distribuirli con demerito. Il ministro dell’istruzione ha sostenuto che gli stipendi degli insegnanti possono essere differenziati per aree geografiche, ma devono esserlo per merito, specie quelli che vanno dove i risultati sono peggiori e riescono a migliorarli. In quanto alla spesa fuori dal patto di stabilità, sempre sua idea, è l’eterna illusione di chi crede che il problema siano i parametri, mentre servono a difendere dagli effetti devastanti del troppo debito venduto sui mercati. Se spegni l’allarme antincendio ottieni il silenzio, ma incenerisci la casa.

 

La materia viene trattata in sindacalese e giustificata in politichese, ma si traduce in una fregatura per i poveri e gli svantaggiati, che non solo si vedono sottrarre uno strumento per assicurare ai propri figli che il mangiare non divorzi dal filosofare, ma, concentrandosi nelle aree e nei quartieri meno ricchi, finiscono anche con il frequentare le scuole peggiori. Questa ciclopica ingiustizia non trova rappresentanza politica, ma
neanche culturale. Segno che i prodotti della distruzione pubblica si diffondono.

 

La Ragione

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