Giovanni Malagodi, la politica come servizio

Giovanni Malagodi, la politica come servizio

Nacque a Londra, visse a Berlino, Parigi, Buenos Aires, Roma e Milano. Conobbe il mondo e dal mondo fu conosciuto e stimato. Discusse la tesi di laurea con il padre della politologia italiana, Gaetano Mosca; la pubblicò grazie all’interessamento di Benedetto Croce.
Fu protagonista del salvataggio della Banca commerciale italiana, di cui divenne direttore, al fianco di Raffaele Mattioli. Fu consulente di diversi governi e di Confindustria per le questioni finanziarie e monetarie, rappresentò l’Italia nelle principali conferenze e organismi internazionali. Fu membro dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica e dell’Organizzazione del trattato del Nord Atlantico. Rifiutò le cariche di membro della Comunità economica del carbone e dell’acciaio e di Segretario generale della Nato. Parlava sei lingue, l’ultima, il russo, iniziò a studiarla ad ottant’anni.

Poteva vivere di rendita, poteva accumulare fortune come banchiere, come possidente terriero (produsse vino in Chianti), come grand commis dello Stato. Scelse, invece, la politica. La scelse non per vanità, ma per passione civile. Di più: scelse la politica per senso del dovere. La politica come servizio. Una scelta obbligata, figlia di quello che percepì come “il dannato obbligo a dovere prendere partito in modo chiaramente riconoscibile”. Competenza, autorevolezza e realismo furono gli elementi attorno ai quali orbitò il suo agire politico. “Per agire politicamente bisogna sporcarsi le mani: noi non vogliamo avere le mani sporche né di sangue, né di denaro, ma sporche di terra cioè di realtà”, scrisse.

Ancorò, dunque, la propria azione politica ai principi liberali. Principi per lui inderogabili ed inderogabilmente inseriti nella cornice europea. Rivendicò “l’esigenza di una politica ragionata, cosciente e coerente, di cornice istituzionale e di azione pubblica conforme alle necessità intime di un mercato libero e di una società aperta”.

Fu eletto per la prima volta in Parlamento nel 1953, fu al vertice del Partito liberale Italiano per un trentennio, fu presidente dell’Internazionale liberale per 16 anni, fu ministro del Tesoro e presidente del Senato.

Nessuno si ricorda più di Giovanni Malagodi, di cui sono ricorsi sabato scorso i 120 anni dalla nascita. Non un articolo di giornale, non un evento pubblico. Se ne è ricordata solo la Fondazione Luigi Einaudi, da lui costituita nel 1962, che ha tenuto e programmato convegni e mostre, e che ha rieditato, per Rubbettino, il celebre saggio malagodiano “Massa non-massa”.

Nessuno si ricorda più di Giovanni Malagodi, ma soprattutto nessuno farebbe oggi la sua scelta. Nessuno si darebbe alla politica con un curriculum e con possibilità pari alle sue. E non è, questo, un buon segno per il presente e per il futuro dell’Italia.

Huffington Post

 

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