Nella babele delle statistiche sull’economia non poteva mancare il Fondo monetario (Fmi), che per il 2017 vede la crescita del nostro Pil all’1,3% contro la sua precedente stima dello 0,8, quella recente dell’1,2 dell’Ocse e quella aggiornata di Istat e del governo dell’1 o 1,1.
Ma per Fmi la buona dinamica del Pil del 2017 è dovuta a fattori transitori come i bassi prezzi di materie prime e del petrolio, i bassi tassi d’interesse e la politica di bilancio permissiva.
Il Pil italiano pertanto nel biennio aumenterà solo dell’1% annuo, perché la produttività e gli investimenti non crescono abbastanza anche a causa dell’elevato debito pubblico che riduce i margini per i prestiti al mercato mentre il sistema bancario è oberato da crediti in sofferenza.
La diagnosi nel complesso è attendibile, anche se trascura che l’Italia ha settori e imprese in cui la produttività si è sviluppata in misura elevata come mostrano i dati del commercio estero.
Ma c’è contraddizione fra la diagnosi e le terapie suggerite dal Fmi. Esso dice che nel 2018 l’Italia dovrebbe ridurre il deficit all’1,2% del Pil, con una macromanovra, per dare un forte segnale di riduzione del debito. Perché proprio l’1,2 e non l’1,5 che renderebbe meno gravoso l’aggiustamento?
Con la crescita del Pil nominale del 2,5 (di cui 1 di crescita reale e 1,5 di inflazione) il deficit all’1,5 comporta una riduzione del debito dal 132% al 131% del Pil.
L’eccesso di dosaggio della terapia è aggravato dal tipo di medicine che il Fmi suggerisce: aumenti tributari e non tagli di spesa a cui dedica poca attenzione. Quel che è peggio è la natura della fiscalità proposta: l’aggravio della tassazione patrimoniale degli immobili.
Ciò è contraddittorio con la diagnosi. Gran parte delle sofferenze bancarie in Italia sono derivate dagli aumenti della tassazione immobiliare dei governi Monti, Letta e Renzi.
Dato che abbiamo un alto debito pubblico, perché dovremmo tassare il patrimonio edilizio ossia il maggior attivo patrimoniale privato che sta di fronte al grande debito governativo? Riducendo il valore dei patrimoni privati, con una elevata tassazione, che ne riduce i benefici, riduciamo il valore netto del capitale dell’Italia.
La manovra dovrebbe essere opposta: ridurre questi tributi per accrescere il valore del capitale netto della nazione. Le banche hanno elevate sofferenze bancarie e ciò lede la loro capacità di finanziare gli investimenti. Ergo, dice il Fmi, è necessario lo smaltimento delle sofferenze bancarie.
Ma per fare ciò è deleterio detassare gli immobili, dal momento che a garanzia dei crediti in sofferenza vi sono soprattutto immobili. Le nostre banche fecero accantonamenti del 55-60% per i crediti in sofferenza. La tassazione immobiliare deprezzò queste garanzie.
Vi è chi stima il loro valore al 25%, chi al 20% e chi, per fare una scorpacciata finanziaria, le vuole al 15%. Aumentando questa tassazione, si darebbe un colpo di grazia al mercato immobiliare.
È noto che la desertificazione si deve alle capre che mangiano i germogli bassi e medi e ai cammelli che mangiano quelli rimasti nei cespugli alti. Il cammello della desertificazione del mercato immobiliare sarebbe una nuova patrimoniale.[spacer height=”20px”]
Francesco Forte, Il Giornale 14 giugno 2017