Abbottare

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A settembre si dovrà presentare la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), cui succederà il bilancio 2024. Al Ministero dell’Economia e Finanza, dove si lavora a preparare i due documenti, a essere condizionata non è soltanto l’aria che rinfresca ma anche la scelta che accalora: se la spesa resta invariata, perde almeno il 10% d’efficacia; se invece segue l’inflazione, rimane invariata in efficacia ma cresce in valore assoluto e a una velocità enormemente superiore a quella del Prodotto interno lordo, quindi sfonda il deficit e il debito. Farlo nell’anno in cui il Patto di stabilità tornerà attivo (nella vecchia o nuova versione) è un suicidio. E allora? Allora sarebbe buona l’occasione per dimostrare che la politica esiste, che le riforme si fanno, che un bilancio s’imposta con il ragionare e non soltanto con il ragioniere.

Un po’ è la situazione in cui si trova il non etnologicamente attrezzato che, volendo far colpo sui commensali, sceglie dalla carta dei vini indirizzandosi al più costoso: è probabile (ma non sicuro) che un vino più caro sia migliore, ma è escluso che la scelta sarà assennata se la si fa in ragione della moneta anziché della pietanza. Esempio meno alticcio: la spesa pubblica per la sanità è costantemente cresciuta (con l’eccezione di una parentesi nel 2012) ma sono tutti convinti che sia stata tagliata, il che accade perché: a. si parla di tagli non rispetto alla spesa dell’anno precedente, ma rispetto a quanto si era pensato di aumentarla; b. perché si misura in percentuale sul Pil; c. perché la si valuta rispetto all’inflazione. Misurazioni corrette, ma se si vuol parlare della stessa cosa occorre usare lo stesso metro. Intanto la spesa pubblica cresce e si somma a quella privata, salvo lamentarsi del servizio.

Vale per la giustizia (spendiamo nella media dei Paesi Ue, abbiamo magistrati meglio pagati e il peggiore servizio continentale), vale per la scuola (costringiamo le famiglie a spese, come quella dei libri di testo, che altrove neanche esistono e lamentiamo la minore paga degli insegnanti senza mai considerare le ore contrattualizzate), vale per tutto: la misurazione meramente quantitativa è importante, ma per niente soddisfacente. Il servizio migliore non lo ottiene chi spende di più, ma chi spende meglio. E per spendere meglio si devono mettere i soldi al servizio dei cambiamenti e decidere gli investimenti che si ritengono necessari, non inseguire con i quattrini percentuali di spreco. Per questo una bella legge di bilancio è tale se connette le riforme in programma alle spese opportune per sostenerle e far aumentare la produttività, quindi far poi scendere il peso della spesa corrente.

Il contratto del pubblico impiego è scaduto e non ci sono i soldi per rinnovarlo secondo le aspettative e l’andamento dei prezzi, ma sarebbe sano far attendere il ragioniere e ragionare su come cambiare il contratto in modo da premiare chi è bravo e liberarsi di chi non è in grado. Altrimenti si resta nella trappola in cui siamo e che prevede, nel 2024 rispetto al 2021, una crescita superiore all’inflazione – mentre il resto s’impoverisce – di voci come le pensioni (+1,4%) o la spesa per interessi sul debito (+14%). Con quest’ultima prevista in crescita, per anni, sia in valore assoluto che in percentuale sul Pil. Significa avere sempre meno soldi per altro. Sicché pensare di rimediare chiedendo ancora più soldi in prestito è una via verso la perdizione. Siccome comunque li chiederemo, l’importante è metterli al servizio di quel che serve per far crescere più velocemente la ricchezza prodotta, riducendo lo svenamento incontrollato della spesa corrente improduttiva.

Nadef e legge di bilancio non sono (soltanto) esercizi contabili, ma l’atto più politico di un governo. Giustamente nel sistema inglese è escluso che il Parlamento possa fare cambiamenti, perché a quel punto cambia il governo. Da noi è capitato spesso il contrario: pur di non cambiare il governo s’abbottava e cambiava il bilancio. Il risultato si vede.

 

La Ragione

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