Nella politica internazionale le buone relazioni personali sono utili. Ma immaginare che sia indirizzata dalla corrispondenza d’amorosi sensi è, a dir poco, ingenuo. Contano enormemente la geografia, la storia, gli interessi indisponibili. Un buon rapporto personale può essere utile anche fra avversari, che nondimeno restano avversari. Per queste ragioni è fuorviante osservare l’incontro fra il presidente statunitense e il capo del governo italiano dall’angolo visuale delle loro relazioni personali, della stima reciproca, dell’amicizia e collaborazione fra Draghi e Yellen. Tutta roba che aiuta, compreso il fatto che si possa parlare senza l’interprete, ma non risolve. È il contorno, non la sostanza. Che, al contrario di quanto in diversi sostengono, con l’aria di dire cosa evidente, consiste nella coincidenza di interessi economici e geostrategici, all’interno della famiglia atlantica. Questa è la sostanza forte.
Non tutti hanno deglutito il portato della storia, provando a intorpidire le acque facendo credere che gli interessi “nostri” siano diversi da quelli di “altri”. Grosso errore. La prosperità economica e la democrazia non viaggiano sullo stesso treno, magari in compartimenti diversi: sono il treno. Se le dividi non scegli dove andare, ti fermi. Mezza Europa, fino al 1990, ha dovuto rinunciare alla democrazia, producendo miseria. Da quando è tornato un grado accettabile di libertà l’economia ha preso a correre.
Se guardate un po’ più a Est vedrete l’orrido spettacolo di cosa succede quando una democrazia (imperfetta, come tutte le cose che non sono pessime) non è in grado di difendersi. Se si vuole conservare democrazia e prosperità si deve avere anche la responsabilità di saperle difendere. Ciò significa che libertà e voglia di fare affari sono indissolubilmente legate, qui ed ora, all’Unione europea e alla Nato. Questo è lo sfondo dell’incontro, necessario non per darsi qualche pacca a favor di telecamera, ma per affrontare quel che divide. Per quel che unisce basta la cena.
Gli interessi dell’Italia sono quelli dell’Ue e degli Usa. Ma questo non significa “tutti” gli interessi, né che le condizioni siano uguali. I miei interessi sono diversi da quelli del mio condomino. Gli interessi di un’azienda sono in competizione con quelli di un’altra. E questo libero dispiegarsi di rivalità e differenze ha un effetto cooperativo e unificante perché si svolge dentro l’Ue e la Nato. I cultori delle differenze fanno finta di non sapere (alcuni, altri sono sinceramente ottusi) che questo nostro mondo è il migliore disponibile. Sarà bene tenerselo caro.
Per questa ragione sarebbe un errore catastrofico far passare per una guerra americana, o “di Biden”, come latrano i deboli di comprendonio, la risposta ad una aggressione russa nel continente europeo e ai confini con l’Unione europea. Sicché continueremo a fornire armi all’Ucraina per non commettere quell’errore, per lasciare aperte le vie della diplomazia e per non doverci vergognare di noi stessi, essendo moralmente giusto.
Non volendo lasciare la parola solo alle armi, usiamo anche le sanzioni. Questo costa a noi europei (tedeschi e italiani in modo particolare, non a caso i mercati politici più penetrati dai russi, tanto per non dimenticare il nesso) più di quanto costi agli americani. I nostri interessi convergono, ma le nostre condizioni no. Ecco perché è legittimo chiedere l’intervento statunitense non solo nella fornitura di gas liquido, ma nella copertura politica per comperarlo altrove. E siccome quello europeo e occidentale è la gran parte del mercato delle nostre esportazioni, è buono il momento per ottenere condizioni di maggior favore. Tanto più che i tassi d’interesse muovono verso l’alto e il debito come droga che eclissa ogni male diventa a sua volta un male. Letale per gli assuefatti.
C’è di buono che alla Casa Bianca e a Palazzo Chigi ci sono due persone che ne sono consapevoli. E questo aiuta.
La Ragione