“Un patto per il lavoro passa inevitabilmente per il rispetto dei ruoli e per la percezione dello scopo, che deve essere la creazione di valore comune, che non è solo valore economico. Mi sono accorto che, al di là dei centri per l’impiego, manca un luogo dove un giovane può sviluppare le proprie capacità. I giovani sono il nostro futuro e devono essere coinvolti. Sono molto contento che il collega Ministro Valditara mi abbia manifestato l’esigenza di aprire, per la prima volta, la relazione tra la scuola e l’impresa. Non in modo sporadico, ma in modo strutturale. E ne sono felice perché avverto un impianto novecentesco. Purtroppo siamo novecenteschi nei luoghi che dovrebbero raccontare il futuro, ma che sono ancorati al passato. Anche io, come ministro, mi auguro di riuscire a smarcarmi dalla configurazione classica”. Lo ha detto il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, nel corso della presentazione del libro “L’era del lavoro libero” di Francesco Delzio, che si è svolta questo pomeriggio nella sede della Fondazione Luigi Einaudi.
All’incontro, aperto dal Segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini, ha preso parte anche Luigi Sbarra, Segretario generale della CISL, con la presenza del vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, in veste di moderatore. Un confronto tra istituzioni, rappresentanti dei lavoratori ed esperti del settore che ha prodotto un dibattito interessante su come sta rapidamente cambiando il mondo del lavoro e in che modo il governo intende gestire la transizione, per accrescere la competitività della nostra economia.
Andrea Cangini, nel suo intervento, ha sottolineato come oggi occorra “una piccola rivoluzione culturale di cui ancora non si vede traccia. Il fatto che siano notevolmente mutate le aspettative personali nei giovani che approcciano al mondo del lavoro, fa si che a un nuovo tipo di domanda, il mercato dia adeguata risposta. Considero interessante”, ha detto, “il tema della spersonalizzazione nei processi decisionali, mi colpisce che due grandi aziende come Amazon e Glovo decidano chi assumere, licenziare, promuovere, come promuovere, sulla base di un curriculum”. Mai come in questo caso, ha aggiunto, “questo tema richiede un metodo, e il metodo è quello einaudiano: conoscere per poi dibattere per, infine, deliberare. Bisogna avere la forza e il coraggio di confrontarsi con chi la pensa diversamente da noi e bisogna avere una visione, altrimenti rischiamo di danneggiare clamorosamente non solo il nostro presente ma anche il futuro dei nostri giovani e quindi del nostro Paese”.
Il leader della Cisl, Sbarra, ha ringraziato “la Fondazione Einaudi per questa bella iniziativa e a Francesco Delzio per questo libro”, sottolineando che “mai come in questo momento c’è la necessita di aprire una fase nuova, di rigenerazione del rapporto tra capitale e lavoro, tra impresa e lavoratori”. Come? “Cercando di lasciarci definitivamente alle spalle una logica novecentesca che vede al centro del rapporto tra imprese e lavoratori il conflitto, la contrapposizione. Pensiamo che il tempo sia maturo per dare una forte accelerazione alla attuazione dell’art. 46 della Carta costituzionale, che i nostri padri costituenti vollero per garantire ai lavoratori di concorrere alla gestione e agli utili delle aziende. Oggi quando le cose vanno bene nelle aziende utili e profitti vengono spalmati sulla testa di pochi, mentre quando le cose vanno male si procede con i licenziamenti. Apriamo una discussione”, ha detto Sbarra. “Questo è il senso della nostra proposta di iniziativa popolare, una raccolta firme, circa 400mila, partita a giugno e approdata questa mattina negli uffici della Camera”. C’è da prendere atto, ha aggiunto, “che in questo Paese ci sono due modelli di sindacato: uno legato al novecento, fatto di massimalismo, di ideologia e di vicinanza alla politica e c’è il sindacato che guido che tende a svolgere la sua funzione con responsabilità, autonomia dalla politica e valorizzazione della contrattazione collettiva”.
Per Francesco Delzio “abbiamo due rivoluzioni in corso e non c’è piena e adeguata consapevolezza di questo: la prima è la rivoluzione della domanda, la seconda rivoluzione è quella dell’offerta. È abbastanza inusuale che vi siano in atto due rivoluzioni che in gran parte si sovrappongono. Inoltre c’è una novità importante, il fatto che i lavoratori abbiano cambiato la loro visione del lavoro. Soprattutto i giovani. Una immagine forte che mi ha guidato nella scrittura del libro – ha detto – è quella rappresentata dalla famosa frase: ‘Le farò sapere’. Per decenni questa frase è stata usata dai datori di lavoro, mentre oggi, al termine di un colloquio di lavoro, viene spesso utilizzata dai giovani talenti, perché magari l’azienda a cui si sono proposti non li ha convinti, perché non è stata in grado di adottare i nuovi modelli di life balance. Oggi i giovani cercano una crescita personale oltre che professionale. Nei prossimi anni vedremo una netta trasformazione del lavoro. La politica ha bisogno di inventarsi strumenti nuovi che possano tutelare coloro che, arrivando impreparati al cambiamento, saranno le prime vittime di questa rivoluzione”.