Diceva Nicola Matteucci, faro della politologia e del pensiero giuridico liberale, che «il liberalismo è un metodo». Dice Augusto Barbera, neopresidente della Corte Costituzionale, che «la laicità è un metodo». Liberalismo e laicità sono, in effetti, facce della stessa medaglia e il metodo che gli appartiene è il medesimo: porre al centro della scena pubblica e del sistema costituzionale non lo Stato, non un Dio, non la Verità, ma la persona con le sue inviolabili libertà e, riconoscendo nel pluralismo una ricchezza dovuta alla «convivenza di piu valori» piuttosto che una rinuncia o un’indebita concessione al relativismo, contribuire alla crescita della persona attraverso il sistematico confronto tra tesi diverse spinti da una naturale tendenza alla sintesi.
Non è un caso che il sottotitolo che Augusto Barbera ha voluto dare al suo saggio dedicato alla “Laicità” (ed. il Mulino) sia “Alle radici dell’Occidente”. Non è un caso perché Barbera ritiene, a ragione, che la laicità riassuma il complesso dei valori che caratterizzano il costituzionalismo liberaldemocratico occidentale. La storia delle dottrine politiche e il percorso di affermazione storica dei valori liberaldemocratici confermano l’intuizione di Barbera: la strada comune inizia nel Seicento con John Locke, prosegue con il pensiero illuminista e attraverso la rivoluzione inglese, quella francese e quella americana si conclude con la totale identificazione tra i due concetti, liberalismo e laicità, e con la conseguente secolarizzazione del potere politico.
Comunismo e nazionalsocialismo hanno di sovvertito l’ordine costituzionale liberaldemocratico ripristinando il potere della Verità sulla pratica del Dubbio. Ma, pur avendo marchiato a fuoco il Novecento, la loro esperienza storica si è conclusa con un fallimento.
Non per questo possiamo dormire sonni tranquilli. Non per questo possiamo ritenere che le conquiste della civiltà siano definitivamente al sicuro.
Augusto Barbera, infatti, ci mette in guardia. «La nostra epoca è segnata dal ritorno delle religioni dello spazio pubblico», scrive. E lo scrive dilatando il concetto di religione e applicandolo a tre dinamiche a dir poco attuali. La prima è il frutto della crisi di identità dell’Occidente minacciato dal fondamentalismo islamico, ovvero dalla spinta politica e militare di una religione, l’Islam, “per cui i diritti del cittadino sono tutelati esclusivamente in quanto credente”. Una religione in cui la legge dello Stato discende esclusivamente dalla parola di Dio e dei sui interpreti terreni. La minaccia rappresentata dall’Islam fondamentalista ha indotto e induce le società occidentali a rispondere non sul piano dei diritti individuali e della laicità della sfera pubblica, ma sul piano di un’identità religiosa contrapposta: il cristianesimo (sia chiaro, Barbera considera la radice giudaico cristiana alla base dell’identità europea e non condivide le resistenze “culturali” a tale riconoscimento nella travagliata storia del costituzionalismo europeo).
Diceva un grande storico delle religioni, Mircea Eliade, che l’alternativa alla religione non è il trionfo della dea ragione, ma la superstizione. Ed è a questa voce che Augusto Barbera sembra iscrivere alcuni fenomeni ideologici contemporanei che, oltre alla reazione all’Islam incombente, caratterizzano le società occidentali. Scrive Barbera: «La politicizzazione della “religione dei diritti umani” tende a riempire il vuoto della “teologia politica” quasi trasformando i diritti civili in ultimi “resti di trascendenza”… La massima espressione dei diritti civili sembra ormai una nuova verità di fede, un dogma indiscutibile». Un meccanismo perverso in virtù del quale «l’Occidente va sempre più sostituendo il fattore religioso, come tessuto aggregante e quindi “legittimante”, una nuova religione civile costruita sui diritti individuali, “inviolabili” e quindi “sacri”». Una evidente esasperazione della realtà che mette in discussione il principio di maggioranza sacralizzando, spesso, i diritti delle minoranze. L’ideologia gender, il fenomeno woke, la schwa e la cancel culture rapprendano, dunque, una nuova forma di fondamentalismo “religioso” che, non senza sorpresa, sta dilagando dalla “giovane” società americana alla vecchia Europa. Europa e Stati Uniti che, in reazione ai nuovi crismi del politicamente corretto, corrono il rischio di consegnarsi a vecchie forme di mitologia nazionale i cui effetti non sono poi diversi da certi fondamentalismi religiosi.
Terzo ed ultimo fenomeno che si contrappone al metodo liberale e a quello laico, lo scientismo. Ovvero la tendenza a sacralizzate i diritti e i desideri scaturiti dal progresso della scienza e della tecnica, mondi naturalmente ed unicamente tesi ad incrementare al massimo la propria potenza. La rivoluzione digitale pone problemi etici colossali, per governarla non occorre uno spirito fideistico ma quel sano scetticismo che per tre secoli ha animato il pensiero liberale al pari di quello laico. Perché, ed è questo il monito imperituro del bel saggio di Augusto Barbera, «vi può essere un metodo e un atteggiamento laico in chi è credente e vi può essere, viceversa, un atteggiamento non laico o da parte di chi, pur professandosi laico, pretende di imporre come assolute le proprie verità». È, appunto, un questione di metodo: «Seguire un metodo laico significa mantenere il pungolo del dubbio e non adagiarsi sulle chiusure dogmatiche che sono proprie non solo delle religioni vissute acriticamente, ma anche di talune ideologie».
Huffington Post