Congiunti

Congiunti

Il modo in cui si discute delle alleanze europee, di come ciascun partito si prepara alle prossime elezioni e di quali congiunti politici si circonda, racconta molto della nostra vita politica.

1. Lo scontro non è tanto fra destra e sinistra, ma fra europeisti e antieuropeisti. Un gruppo di destra, presieduto da Meloni, si chiama “Conservatori”, ma non è che i popolari siano dei rivoluzionari. Sono anch’essi dei conservatori e fra le loro file ci sono componenti oggettivamente di destra. Il problema è quello di trovare una maggioranza europeista che a sinistra si vorrebbe più marcatamente progressista e a destra più marcatamente conservatrice, ma comunque europeista. Non è che questo escluda l’estrema destra, ma si prende atto che tanto l’estrema destra quanto l’estrema sinistra sono antieuropeiste, sicché nessuna componente politica seria intende allearsi con loro.

2. Tale condizione ricorda che non si può e non si deve procedere come da noi si fa da troppo tempo, ovvero chiamando gli elettori a essere contro gli “altri”, sopportando per ciò stesso congiunti incompatibili. La politica non può essere solo negativa, non può consistere soltanto nella contrapposizione faziosa, perché così procedendo si finisce con lo sfilare sotto bandiere senza contenuto, come gli ignavi nell’Antinferno dantesco. Occorrono anche valori comuni e proposizioni. Quindi la maggioranza deve essere europeista, altrimenti non esiste. Poi si può essere europeisti di destra o di sinistra, ma non si può essere antieuropeisti nella maggioranza europea.

3. E questo ci porta a una delle cose più insopportabili del nostro modo di fare politica: non prendere e non prendersi mai sul serio. Chi propose di uscire dall’euro è antieuropeista. E ce ne sono a destra come a sinistra. Ma non è che prima proponi di uscire dall’euro, poi vai al governo e dici di volere usare tutti gli euro dei finanziamenti europei, perché è roba da biforcuti. Quanti fra i no-euro sostengono oggi di non procedere in coerenza con quel che dissero per “senso di responsabilità” nei confronti degli interessi italiani, stanno chiaramente dicendo d’essere stati degli irresponsabili contro gli interessi italiani. Ed è pure vero. Solo che da noi si pensa che quel che si disse non abbia valore, che il trasformismo rivergini anche i bordelli, mentre fra persone serie si riconosce il diritto di cambiare idea, ma dopo avere avvertito d’essersi sbagliati. Siccome, però, sono gli stessi che oggi impediscono l’ovvia e scontata ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, il messaggio che se ne trae è: non ci siamo sbagliati, eravamo e siamo antieuropeisti, solo lo nascondiamo per potere governare. Brutta roba.

Quindi il problema non è affatto che Forza Italia indichi alla Lega con chi non deve allearsi né che la Lega rivendichi il diritto di fare quel che gli pare, ma che entrambi ammettano che si possa governare in Italia con chi è o comunque è alleato con gli antieuropeisti, continuando a dirsi europeista. E questo è trasformismo, inaffidabilità, furbizia stolta. In ogni caso non è un atteggiamento ammissibile al Parlamento europeo. Tutto qui.

Quel che sarebbe utile, all’intera Ue, è potere andare alle elezioni europee disponendo di liste europee. Non soltanto di affiliazioni nazionali di famiglie europee, ma di liste autenticamente europee. In mancanza di questo ci si riduce alle guerre dialettali, condotte nel girone fuori casa. Il che vale per la destra oggi al governo, ma anche per la sinistra che fu antieuropeista, si convertì all’europeismo per governare e non si capisce più da che parte stia neanche sulla dirimente questione ucraina (se il Pd si allea con chi è contro l’invio di armi si ritrova più anti che europeista). E vale anche per il così detto terzo polo, che sta concorrendo per la conquista della seconda elle: non si tratta di fare i macroniani de’ noantri, ma di presentarsi condividendo idee economiche e istituzionali, non soltanto sperare di superare il quorum.

 

La Ragione

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