Si faccia molta attenzione a giocare con i conti, altrimenti ci si ritrova come il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a sostenere che il debito è una droga che rende schiavi, dopo che per anni il suo partito ha lasciato intendere che drogarsi di debito sia un atto di libertà. Ora non si lasci intendere che gli obbiettivi di crescita 2024, fissati nella legge di bilancio, sono difficilmente raggiungibili a causa delle guerre, perché non lo erano già quando sono stati scritti e far finta che non sia così porta male. L’abilità nel tenere i conti – in questo caso pubblici – consiste nella capacità di conciliare il possibile con il necessario. Se si usa l’abilità per lasciare intendere cose diverse dal reale poi si resta prigionieri del proprio stesso inganno, come capita con il debito.
La legge di bilancio è stata varata il 30 dicembre scorso. Nei venti giorni successivi, a parte l’anno, non è cambiato niente. Le guerre in corso sono le stesse, esattamente nella condizione che già descrivevamo. Basterà prendere i numeri de “La Ragione” e scoprire che già da novembre scrivevano dei terroristi yemeniti Houthi e dei loro attentati alla libera navigazione commerciale, eseguiti grazie a quattrini e armi forniti dall’Iran. La novità è la reazione occidentale, ma non è quella che cambia le carte dell’economia. Semmai, a proposito, è interessante vedere quanti – giustamente – si dolgono dei problemi a Bab el-Mandeb, ovvero le non casuali Porte del Lamento, ma molti di loro hanno passato anni a maledire la globalizzazione e l’arrivo di merci e semilavorati da Est. Avevano torto, si guardano dal dirlo – e passi – ma rinunciano anche a pensarci.
Quel 30 dicembre, inoltre, erano già conclamati la crisi tedesca e il loro bordeggiare la recessione. Crisi innescata dall’incepparsi di un modello energetico, ma anche da altre vulnerabilità. Eppure quanti oggi dicono che cresciamo meno perché la Germania tira di meno sono gli stessi che per anni hanno seminato veleno sui tedeschi e strillato che il loro governo non avrebbe dovuto aiutare le imprese. Forse la nostra convenienza era altra. Non è la prima volta che la Germania è il malato d’Europa e non sarà la prima volta che si riprenderà, ma sarebbe bello che non ci fosse una moltitudine pronta a dire una cosa e il suo contrario.
Infine, il 30 dicembre i tassi erano già saliti (pur rimanendo inferiori a quelli statunitensi o inglesi) e già si sapeva che il loro calo sarebbe stato possibile una volta assicuratisi che l’inflazione non uscisse fuori controllo, come era capitato. C’è da aggiungere che legare così direttamente il calo del debito e il quadrare dei conti al calo – futuro – dei tassi d’interesse è come dire di non avere alcun controllo dei propri conti, sperando che maree e correnti portino in qualche insenatura e non in mare aperto.
Sapevamo tutto, tanto che noi, sulla base dei dati che andavamo leggendo, potevamo qui scrivere: l’1,2% di crescita, nel 2024, non è realistico. Sicché i conti vanno aggiustati in modo che la conseguenza non sia una crescita – anziché la prevista diminuzione – del peso percentuale del debito sul Prodotto interno lordo.
Ora il ministro dell’Economia va a Davos e dice: «Se scoppia una guerra al mese sarà difficile» raggiungere quell’obiettivo. Nessuno può negargli l’abilità nel parlare politicamente dei conti, ma la contabilità sanno tenerla anche gli altri e se le acque continuano a essere calme è perché non c’è ragione di dubitare della copertura difensiva europea e perché Meloni e von der Leyen appaiono come coppia affiatata e dotata di futuro. Ma, ancora una volta: questo è l’opposto di quel che vuole una parte della maggioranza di governo, specie nel partito di Giorgetti.
Farebbero bene a trovare il tempo di occuparsene e risolvere, senza tirare in ballo le guerre. Anche per evitare che finisca come il ‘fine vita’, ove la pietà per la sofferenza non è riuscita a superare la voluttà d’usare il tema per colpire l’avversario interno. Al partito, naturalmente.
La Ragione