Cossiga denunciò l’accordo Unifil e Hezbollah: il Lodo Moro aleggia ancora sul Medio Oriente

Cossiga denunciò l’accordo Unifil e Hezbollah: il Lodo Moro aleggia ancora sul Medio Oriente

Che la missione Unifil abbia tradito il proprio mandato è, ormai, un dato acquisito. L’ha ammesso, riferendo al Senato, anche il ministro della Difesa Guido Crosetto. Come è noto, la risoluzione 1701 approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2006 prevedeva che i caschi blu di Unifil avrebbero dovuto coadiuvare le forze armate libanesi nello smilitarizzare i 20 chilometri di territorio tra il fiume Litani e il confine israeliano. È accaduto invece che in quella striscia di terra Hezbollah abbia piazzato le batterie missilistiche da cui ha bersagliato il Nord di Israele e che vi abbia scavato lunghe gallerie capaci di fare passare anche un autocarro per colpire “gli ebrei” in stile Hamas. Unifil, di cui l’Italia è il maggiore contributore, sapeva. Ma fingeva di non vedere. Una situazione paradossale, nota a tutti da anni. Eppure, finché l’attacco israeliano non ha messo a nudo le carenze onusiane rendendo palese la necessità di nuove regole di ingaggio, nessuno aveva osato proferire verbo. Né il Consiglio di sicurezza dell’Onu, né i vertici militari di Unifil, né i ministri della Difesa degli Stati che hanno aderito alla missione, a partire dal nostro. Una colossale, gigantesca ipocrisia collettiva fondata, evidentemente, su un tacito accordo: se i militari di Unifil non creeranno problemi ad Hezbollah, Hezbollah non creerà problemi ai militari di Unifil. Difficile, per noi italiani, non tornare con la mente al famigerato Lodo Moro.
Il 18 febbraio 1978, il colonnello Stefano Giovannone, capocentro del servizio segreto militare italiano (SID) a Beirut, mise nero su bianco in un dispiaccio inviato a Roma via telex l’esistenza di “impegni miranti ad escludere il nostro Paese da piani terroristici”. Fu la prova che il Lodo Moro, di cui allora si parlava come di un’araba fenice, esisteva davvero. In virtù di quel patto siglato nel ‘74 dai nostri servizi di intelligence con le milizie filopalestinesi su indicazione dello statista democristiano, i terroristi antisionisti ed antisemiti utilizzarono per anni l’Italia come base logistica e l’Italia scongiurò attentati in casa propria così come attacchi ai propri militari impegnati in missioni internazionali.
Il primo a parlare in chiaro dell’esistenza del Lodo Moro fu Francesco Cossiga. E fu sempre Francesco Cossiga a sostenere che lo spirito di quell’accordo si fosse protratto nel tempo e avesse caratterizzato anche il rapporto tra i militari italiani di stanza in Libano ed Hezbollah. “Oggi – disse il presidente emerito della Repubblica in una celebre intervista al quotidiano israeliano Yediot Aharonot del 3 ottobre 2008 – c’è un accordo analogo con Hezbollah in Libano… Le forze di Unifil sarebbero invitate a circolare liberamente nel sud del Libano, senza temere per la propria incolumità, in cambio di un occhio chiuso e della possibilità di riarmarsi data ad Hezbollah”.
Come ha ricordato Claudio Antonelli su la Verità, un mese prima dell’intervista Cossiga depositò un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro della Difesa del neo insediato governo Berlusconi, Ignazio La Russa. Questa la domanda: “Si chiede di sapere se sia a conoscenza del fatto che le unità italiane Unifil in Libano, a motivo delle istruzioni impartite dal precedente governo ed eseguite con chiaro spirito antiisraeliano, hanno agevolato il riarmo dei commandos terroristici di Hezbollah da parte di Iran e Siria”. Il “precedente governo” era quello guidato da Romano Prodi, con cui Cossiga non fu mai tenero. Ma non risulta che il governo successivo abbia cambiato approccio. Né risulta che diverso sia stato in effetti l’approccio di altri protagonisti della missione Unifil.
Il Lodo Moro aleggia, dunque, ancora sul Medio Oriente e pare non essere più uno specifico italiano.
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