Ciascuno ha il dovere della chiarezza, come di misurare i toni. La Repubblica ha vissuto momenti di alta tensione istituzionale (quelli del “mai come ora”, per lo più, non hanno mai studiato storia), ma non è un buon motivo per lasciare che uno diventi fatale. Diciamoci alcune cose.
1) Il presidente della Repubblica ha agito nel pieno rispetto della lettera e dello spirito della Costituzione. In una condizione di totale solitudine politica. Ogni ipotesi di messa in stato d’accusa (dicono “impeachment”, perché formatisi con i telefilm americani) è grottesca.
2) Non si tratta di Sergio Mattarella, ma del fatto che, per giorni e giorni, il presidente della Repubblica è stato oggetto di provocazioni e ricatti. Salvini e Di Maio, in ordine d’importanza, sono comparsi al Quirinali rispettosi e divenuti irrispettosi non appena varcato il portone. Irrispettosi non di una persona, ma della Costituzione.
3) Intestarsi il veto su una persona, confermando le provocazioni altrui, e farlo con riferimento ai mercati, da parte del presidente della Repubblica, è stato un errore. Ha ragione, ma è stato un errore. Ed è questo il punto che ci coinvolge tutti, pesantemente.
I mercati non sono solo lo spread e i complotti oscuri di gnomi malefici, sono anche gli italiani. Che stanno portando soldi all’estero come non succedeva da più di venti anni. Uscire dall’euro è un suicidio, ma annunciarlo, metterlo in conto in questo modo, scrivere in una bozza (e diffonderla) che non si rimborseranno 240 miliardi di debiti, non è solo una palese manifestazione d’incoscienza e incompetenza, ma l’inizio di un supplizio per ottenere un suicidio lento e doloroso. Che sta succedendo? Come è possibile?
I nostri giganti dell’arroganza, qualche settimana addietro, neanche sapevano dell’esistenza di un professore di nome Paolo Savona. L’avessero incrociato lo avrebbero schifato, quale incarnazione dei poteri forti, finanziari, inciuciato con la politica, complice di chi ha venduto l’Italia e incappucciato. Avrebbero avuto torto, marcio, ma così sarebbe andata. Qualche settimana appresso, invece, sul nome di Savona s’immolano.
Che sta succedendo? Succede che:
a. Salvini ha puntato tutto sulla rottura, sapendo che in caso di riuscita sarebbe divenuto il trionfatore, per demolizione di tutti gli altri, nell’altro caso, il più probabile, confidando in un premio elettorale (la sola cosa che interessa a questi);
b. quel nome è stato dato da altri, per i quali l’Italia è il più potente ed efficace strumento per colpire l’Unione monetaria europea, l’area più ricca del mondo, il mercato più forte, dove risiede il 7% della popolazione globale, si produce il 25% della ricchezza annua globale e si consuma il 50% della spesa sociale, ma dove la forza militare aggressiva è stata sterilizzata dalla storia.
Abbiamo il dovere di capirlo. E di dirlo.
DG, 28 maggio 2018