I tedeschi lo chiamano Politikum: è il «paradigma politico», l’esempio che ci porta a riflettere sulla natura del potere e sull’arte di governare. Lo troviamo costantemente nella vita e nella poesia di Dante, così come squisitamente politica è la riflessione di Shakespeare sulla tragicità del potere regale. Per questo i due mondi paralleli, dantesco e shakespeariano, apparentemente distanti e invece affratellati da un segreto DNA comune, si riflettono così bene l’uno nell’altro, se trovano un interprete all’altezza.
Il gioco è riuscito a Giuseppe e Micol Pambieri, che nella primavera-estate 2024 – in tandem con Mariano Rigillo e Cicci Rossini – hanno portato in giro per l’Italia una rassegna di reading teatrali basati su Dante di Shakespeare III. Come è duro calle (Solferino), volume finale delle trilogia di Rita Monaldi e Francesco Sorti che narra la vita e l’opera di Dante in un immaginario dramma perduto del Bardo di Stratford.
La rassegna, tenuta in occasione dei 460 anni dalla nascita di William Shakespeare (1564-2024), è stata resa possibile grazie al sostegno della Società Dante Alighieri, delle amministrazioni locali e della Fondazione Luigi Einaudi, che a Roma ha ospitato il reading del duo Pambieri con un panel di qualità: Andrea Cangini (Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi di Roma), Stefano Campagnolo (direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma), Gianni Pittiglio (storico dell’arte e docente presso la Saf ICPAL), Elena Catozzi (Biblioteca Museo Teatrale SIAE), e come moderatrice Maria Letizia Sebastiani (Responsabile della Biblioteca della Fondazione Luigi Einaudi di Roma).
Dall‘esperimento letterario di Monaldi & Sorti, iniziato nel 2021, sono confluiti nella rassegna di reading alcuni passi sui più famosi personaggi danteschi, a partire da quelli rivisitati anche da Shakespeare. In primo piano c’è Ulisse, che spicca sia nell’Inferno che nel Troilo e Cressida shakespeariano, dove si sviscera quell’eterno rovello chiamato Conoscenza: fin dove si può spingere la sete di sapere? È anche un problema di consenso e di leadership: per «seguire virtute e canoscenza» non si procede mai da soli, lo stesso Ulisse supera spavaldamente le colonne d’Ercole con tutta la sua «picciola compagnia» di naviganti, e dovrà assumersi le responsabilità al momento decisivo.
Ma in primo piano c’è anche e soprattutto la guerra, che proprio in questi ultimi anni abbiamo sotto gli occhi in tutta la sua tragica disumanità, protagonista nelle classiche scene di battaglia del grande genio elisabettiano (Coriolano, Enrico VI), che qui si calano nelle guerre fratricide dell’Italia comunale tra Guelfi bianchi e neri, in cui anche l’Alighieri combatté e che raccontò in tante terzine della Divina Commedia, come quelle su Guido del Duca (Purgatorio XIV). La guerra è «cosa viva, è vispa, ha voce, è piena di sorprese», insomma «va proprio a genio al mondo» mentre la pace è «apoplessia, letargia, spenta, sorda, assonnata». Un provocatorio rovesciamento che ricorda il paradossale bellicismo dei Futuristi e richiama all’essenza politica dell’esperienza umana.
C’è poi il difficile equilibrio tra amicizia e fedeltà di partito, che fa da filo conduttore alla vicenda (vera) di Dante e Guido Cavalcanti. Dopo un lungo apprendistato tra le fila dei Bianchi, il poeta arriva finalmente al governo di Firenze, ma anziché usare il potere per propria soddisfazione, per scambiare favori e prebende, esilia il suo più caro amico e compagno di fazione, Guido Cavalcanti, che pure aveva cercato di “svezzarlo“ poeticamente e lo aveva introdotto nell’élite intellettuale. Le due scene sul drammatico confronto tra Dante e la memoria del suo “primo amico” riaccendono rimorsi e speranze, che sfociano in un incontro onirico ricalcato su Re Lear e sulle anime degli invidiosi di Purgatorio XIII. Un incontro, quest’ultimo, al quale Dante giunge dopo una scena di dolorosa rievocazione con il comune amico Lapo Gianni sui temi di rivalità, superbia e invidia, protagoniste non solo del Purgatorio dantesco ma anche dell’epopea di Riccardo II ed Enrico IV.
Negli ultimi due brani della rassegna sono infine tematizzate le visioni dantesche dell’oltremondo: attraverso dialoghi femminili, prima con la giovane mistica Margarita della Mètola e poi con la moglie Gemma Donati – alimentati da Macbeth, Re Lear, Romeo e Giulietta, e dalla Vita Nova, ma soprattutto dalle apparizioni mistiche nel Paradiso Terrestre – Dante cerca, e infine trova, il senso salvifico della poesia.
L’iniziativa è stata inaugurata a Milano da Oliviero Ponte di Pino, curatore del BookCity e dell’opera omnia di William Shakespeare.