di Alberto Quadrio Curzio
Versione di sintesi del Saggio che verra’ pubblicato negli Atti Ufficiali dell’Accademia dei Lincei
Accademia Nazionale dei Lincei, 20 giugno 2019 Relazione conclusiva dell’anno accademico 2018-2019
Signor Presidente della Repubblica, Autorità, Soci Lincei, Signore e Signori,
il tema odierno è stato spesso affrontato dai Lincei in varie prospettive e periodi anche perché vari nostri soci hanno contribuito alla Costruzione europea. Tra questi spiccano giganti del Pensiero, della Politica e delle Istituzioni, quali Benedetto Croce e Luigi Einaudi. I due nostri rifondatori del 1944 nonché tra i padri costituenti della Repubblica.
Proprio da Einaudi desidero iniziare perché la sua visione Istituzionale, sociale ed economica per una Europa unita rappresenta tuttora un importante insegnamento di cui ai Lincei siamo sempre stati consapevoli rivisitando spesso la sua opera
Anche oggi, in un presente pericolosamente confuso come quello che si vive in vari Paesi europei, possiamo ricavare visione e coraggio dalla lucidità e dalla saggezza di statisti che hanno maturato le loro convinzioni anche nella sofferenza umana causata dalle atrocità della prima metà del secolo XX e che hanno scelto la prospettiva Europea come la più promettente anche per il loro Paese.
Ovviamente le prospettive del passaggio tra il XX e il XXI secolo non si esauriscono nelle valutazioni di Einaudi. Perciò la nostra riflessione si concentrerà su alcune attualità di quanto fatto in Europa e di quanto resta da fare per proseguire nel percorso di pace e sviluppo che ha caratterizzato il progresso civile postbellico del nostro continente.
Nei miei convincimenti di economista istituzionalista, l’Eurodemocrazia è una applicazione ammirevole ma non completa dei principi di sussidiarietà partecipativa e di solidarietà innovativa attraverso i quali si concretizza anche un liberalismo sociale che rende l’Europa civile.
Luigi Einaudi e la costruzione europea
Einaudi ,quando divenne linceo trentaduenne nel 1906,già rifletteva e scriveva sull’Europa in un’opera che continuò, salvo una interruzione durante il fascismo, fino alla sua scomparsa nel 1961. Nel suo potente pensiero si distinguono varie fasi con una
sequenza di funzionalismo, confederalismo e federalismo che hanno concorso a configurare quell’ibridazione virtuosa oggi rappresentata dalla Eurodemocrazia. Altre componenti del pensiero einaudiano che ci interessa richiamare qui per la loro attualità sono:
*La necessità di superare la sovranità assoluta degli stati europei per costruire un ordine istituzionale superiore anzitutto per garantire la pace. Indimenticabile il suo discorso del luglio 1947 all’Assemblea Costituente dove Einaudi vede come «nemico numero uno della civiltà, della prosperità, (…..) il mito della sovranità assoluta degli stati (…)» mettendo in guardia su «un’Europa in cui ogni dove si osservano rabbiosi ritorni a pestiferi miti nazionalistici, in cui improvvisamente si scoprono passionali correnti patriottiche (……) urge compiere un’opera di unificazione (…)» (cfr. appendice pag.7).
*La necessità di abbattere le barriere statali europee delimitanti spazi economici troppo piccoli per la piena manifestazione dei mercati, della concorrenza e delle economie di scala e di scopo connesse anche alle innovazioni
*La necessità di avere in Europa una moneta unica governata ma anche la disponibilità di mezzi finanziari per gestire l’unione con le sue istituzioni di democrazia, di governo e di difesa.
Molte delle idee di Einaudi si trovano nella costruzione europea anche se non sempre si è consapevoli del debito nei suoi confronti
Progetti per ampie riforme economico-istituzionali
Sono naturalmente consapevole che i cambiamenti geo-politici e geo- economici del XXI secolo appaiono radicali Così come è chiaro che i recenti anni di crisi hanno fiaccato l’Europa anche se nella media della UE e della Uem il Pil tra il 2014 e 2015 ha superato i livelli del 2008. Purtroppo il contrasto alla crisi è stato lento per mancanza di politiche economiche europee espansive. I salvataggi di alcuni Paesi in grave crisi hanno trovato un sostegno solo nel cosiddetto “Fondo salva stati” (ESM) una innovazione importante che ora è poco utilizzata mentre potrebbe servire per politiche europee espansive.
L’Europa con i suoi ideali e i suoi principi ha però le potenzialità per rafforzarsi anche quale pilastro della convivenza tra i Popoli purché si mantenga salda nel solco aperto nel marzo 1957 con la firma dei Trattati di Roma. Da lì inizia una costruzione democratica che superando tante difficoltà è proseguita, anche passando dalla importante(purtroppo talvolta dimenticata) Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 2000, fino a raggiungere il 60 anniversario dei Trattati quando nel 2017 la «Dichiarazione di Roma» è stata sottoscritta dai leaders degli Stati membri e dai Presidenti delle Istituzioni europee apicali. È una dichiarazione che tutti dovremmo meditare a lungo proponendola agli studenti ma dovrebbero meditarla anche quelli che rivestono responsabilità di governo.
Nella costruzione europea la combinazione ideali, progetti e concretezza ha quasi sempre ben operato nel medio lungo periodo sia pure con combinazioni variabili. Talvolta gli ideali hanno dato forza alla concretezza, talvolta è stato il contrario. A nostro avviso da qui al 2024 (cioè alla fine della IX legislatura europea) o meglio fino al 2027 (che conclude il ciclo settennale di bilancio della UE che inizia nel 2021) la centralità dovrebbe andare a quei progetti e programmi che uniscono ideali e concretezza muovendo da realizzazioni in corso e da progetti già approvati.
Progetti di varia natura sono stati elaborati dalla Commissione europea, dal Parlamento Europeo ,dal Comitato dei Cinque Presidenti. La loro complessità può non piacere a chi dimentica che la vera politica, quella per il bene comune, si fonda sulla conoscenza dei fatti, sulla competenza progettuale e sulla costanza attuativa per risolvere durevolmente i problemi. In particolare in Europa, la politica richiede la convergenza delle tre istituzioni (Parlamento, Commissione e Consiglio) e ciò crea una certa complessità sulla quale non possiamo intrattenerci. Possiamo però segnalare che nei Progetti economico istituzionali citati ci sono notevoli consonanze soprattutto per gli aspetti di approfondimento delle cooperazioni rafforzate (ma aperte)riferite alla Eurozona
Nella impossibilità di ripercorrere i tre Progetti citati accenniamo solo a quello del Comitato dei 5 Presidenti (della Commissione, della Bce, del Consiglio, dell’Eurogruppo, del Parlamento Europeo) la cui prima stesura è del 2012 mentre la più recente è del 2015. Più volte discusso nei Vertici Europei, il progetto ha trovato parziali realizzazioni di cui non sempre ci si rende conto perché guardiamo ,simbolicamente parlando, i «mattoni» e non la «casa». L’Eurogruppo dei ministri finanziari della Eurozona ha proseguito l’opera che domani (21 giugno) dovrebbe essere esaminata nel vertice Europeo
Nella Commissione due personalità hanno avuto un ruolo continuativo, sia pure diverso, nel collocare negli anni recenti dei <<mattoni>> per la casa europea del XXI secolo: Draghi e Juncker. Entrambi hanno un europeismo fondato sui principi e sulla competenza con cui hanno contribuito al Progetto dei 5 Presidenti dove si prefigurano vari “approfondimenti” della eurozona: un rafforzamento istituzionale, un bilancio per politiche integrate, una unione economica per convergenza e coesione tra Stati Membri, una unione bancaria e finanziaria. Alcuni progetti sono in fase di realizzazione ed altri si dovrebbero aggiungere attingendo anche da quello del Parlamento europeo (in particolare per le politiche di contrasto agli shocks) e da quello della Commissione (in particolare per la cooperazione in campo industriale per tecnologie d’avanguardia).
Sappiamo che Draghi ha fatto concretamente assai di più dando molta forza d’intervento alla BCE senza creare fratture istituzionali con due risultati complementari straordinari :da un lato ha salvato l’Eurozona (e la Ue) da una situazione molto critica; da un altro lato ha dimostrato agli interlocutori mondiali di mercato e istituzionali che la BCE è una coprotagonista e non una comparsa.
Juncker (spesso sottovalutato), ha attenuato la rigidità del fiscal compact per i paesi impegnati in riforme ed investimenti varando anche un piano comunitario di finanziamento degli investimenti che può crescere.
Infine la Cancelliera Markel ha fatto molto, malgrado le opinioni critiche e le forti correnti contrarie interne.La storia confermerà a mio avviso i suoi meriti.
Programmi per Investimenti in Infrastrutture, Istruzione e Innovazione
Realizzare complessi progetti istituzionali richiede tuttavia tempo e per questo bisognerebbe procedere subito anche con un programma Europeo per investimenti in filiere di infrastrutture intra ed extra europee per concretizzare le quali bisognerebbe combinare il funzionalismo per Filiere di investimenti e il Con-Federalismo per gli Enti e gli Strumenti di finanziamento.
Qui i principi di solidarietà innovativa e di sussidiarietà partecipativa sono cruciali
La crisi europea ha causato dal 2007 al 2018 un drammatico calo cumulato di investimenti fissi lordi totali nella misura di 3300 miliardi nella UE27 di cui 2900 miliardi nell’Eurozona. Sono entità enormi. L’Europa deve assolutamente recuperare con un grande Piano di investimenti.
Per le infrastrutture intraeuropee ci sono sulla carta vari piani (di cui solo alcuni in esecuzione) relativi a quelle materiali (reti di comunicazione e trasmissione), immateriali (istruzione e ricerca) , sociali (scuole, ospedali ecc, su cui vi è un recente europrogetto coordinato da Romano Prodi), composite (come la tecnoscienza industriale per imprese globalmente competitive come Airbus ). Il focus dovrebbe essere l’innovazione (che comporta istruzione e ricerca) anche con rinnovo ecocompatibile delle infrastrutture esistenti per arrivare alla creazione altri centri di eccellenza mondiale tipo Cern,
Ci vogliono però molte più risorse finanziarie che potrebbero essere raccolte con la emissione di Eurobond . Si tratta di titoli Con-federali Europei proposti per la prima volta nel 1993(25 anni fa!) da Delors e poi riconfigurati in molte varianti tra cui quelle di vari studiosi e quelle recenti del Parlamento e dalla Commissione europea. Anch’io ne ho proposto un tipo denominato EuroUnionBond emessi da un Ente Federale della Eurozona al quale gli Stati membri conferiscono garanzie reali. Per esempio quote delle riserve auree (che così diventerebbero ancor più protette da azzardi di Governi) e azioni di società di proprietà governativa (che potrebbero poi favorire fusioni per grandi imprese europee in settori strategici).Se ogni stato membro della Uem conferisse come capitale a favore dell’Ente Federale Emittente una quota pari a quella che ha nel PIL delle Eurozona si potrebbero in base ai nostri calcoli raccogliere 1000 miliardi di garanzie reali su cui emettere con una leva di 3 eurobond per 3000 miliardi capaci di generare altri effetti moltiplicativi. Nei prossimi 10 anni ed oltre l’Eurozona e quindi tutta la Ue potrebbero rinnovare e potenziare tutta la propria economia ma anche la propria convergenza territoriale e coesione sociale con grande attenzione alla istruzione delle nuove generazioni da cui dipende in futuro la nostra civiltà solidale.
Per gli investimenti in infrastrutture extraeuropee l’Africa rappresenta una assoluta priorità (e anche una potenzialità) per l’Europa. Dalla attuale popolazione di 1,3 miliardi l’Africa raggiungerà nel 2050 una popolazione di 2,5 miliardi con movimenti migratori incontrollabili, con tutte le conseguenze che già si delineano pur in presenza di flussi molto limitati.
La Ue non ha una politica adeguata sull’Africa anche se la somma degli aiuti pubblici europei(Unione e singoli stati) ai Paesi in via di sviluppo è la maggiore al mondo con circa 80 miliardi annui di erogazioni.
Sono però interventi dispersi. Perchè non usare allora il modello Banca Europea della Ricostruzione e dello sviluppo (Bers) (di cui la Ue è azionista di maggioranza in modo diretto e tramite la Bei)? Ricordiamo che Bers fu fondata nel 1990 per la transizione verso l’economia di mercato in 12 Paesi dell’Europa centro-orientale e dell’Asia centrale. Quel problema era più piccolo di quello rappresentato oggi dall’Africa ma fu affrontato con più determinazione innovativa. La Bers nel 2018 ha erogato minimi finanziamenti anche a Paesi dell’Africa mediterranea che non è però la sua area di azione mentre con un cambio di missione potrebbe diventarlo facendo confluire nella stessa tutti gli aiuti allo sviluppo della Ue e dei Paesi membri.
Il tema degli investimenti ci porterebbe a considerare adesso il ruolo del Fondo salva stati (ESM), attualmente sotto utilizzato e il ruolo della Bei (Banca Europea degli Investimenti) fondata nel 1957 con il Trattato di Roma, che potrebbe essere potenziata sia per l’emissione degli Eurobond che per maggiori investimenti infrastrutturali intra ed extra Ue. La Bei, che è co-posseduta dagli Stati membri della Ue, è la più grande e solida banca multilaterale di sviluppo al mondo che finanzia investimenti in innovazione, infrastrutture, eco-compatibilità e imprese per circa 70 miliardi annui destinati per il 90% ai Paesi della Ue mentre il restante viene distribuito tra 130 Paesi che includono anche 5 dell’Africa mediterranea. Troppo poco per il problema dell’Africa.
Bei e Bce ma anche Bers e Esm sono Enti europei che esprimono un solidarismo innovativo straordinario e che hanno un enorme potenziale anche per aumentare il peso dell’euro nella diversificazione finanziaria e valutaria mondiale in corso rispetto al dollaro.
Una conclusione: Unione Europea e multilateralismo
All’inizio abbiamo detto che il cambiamento del XXI secolo sarà enorme con il rischio che si scardini il multilateralismo costruito dopo la seconda guerra mondiale. In questo inizio di XXI secolo si sono concentrate grandi dinamiche che nelle proiezioni al 2050 prefigurano una popolazione mondiale a 10 miliardi e nuove potenze economiche che in termini di quote sul PIL mondiale (in PPP – Parità di potere d’acquisto) porteranno la Cina al 20% e l’India al 15% nettamente sopra USA che scenderà al 12% e la Ue che scenderà al 9%. Dentro queste dinamiche cambieranno anche gli assetti valutari su cui gli Usa con il dollaro hanno costruito una delle loro supremazie strategiche. Rassicura l’Europa notare che oggi l’Euro, nato solo 20 anni fa, è già molto forte.
Vi sono poi le sfide tecnoscientifiche che, purtroppo, si intersecano anche con l’accelerazione della spesa in armamenti dove l’Europa a parità di capacità difensiva potrebbe spendere molto di meno usando i risparmi ottenuti per investire nelle filiere intra ed extra europee di cui si è detto.
Noi crediamo che l’Europa possa dare un contributo determinante per attenuare rischi globali concorrendo a realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile di agenda 2030 dell’ONU. Perché l’Europa ha una grande forza economica e tecnologica, ma anche sociale, culturale e civile. Alcune ulteriori condizioni dovrebbero verificarsi e tra queste ne menzioniamo tre: la prima è che il nazional- populismo in Stati europei non si accentui mentre dovrebbe proseguire una dinamica della ibridazione virtuosa con-federalista e funzionalista; la seconda è che la UE e la UEM abbiano maggiore rilevanza in politica estera anche con una presenza unitaria nel consiglio di sicurezza dell’ONU; la terza è che la Ue e la Uem non aspirino ad essere il terzo polo divisivo in un triangolo di contrapposizioni con Usa e Cina, ma siano un polo che difende un sistema multipolare dove contano le pattuizioni multilaterali e gli organismi sovranazionali e dove L’ONU rimane un basilare elemento di condivisione, di progresso civile e pace. Nessuno Stato della Ue e della Uem può aspirare a questi ruoli perché la sua dimensione, già oggi piccola, nel 2050 sarà ancora più piccola.
Concludo sperando di aver dato un contributo informativo seppur piccolo che possa concorrere alla raccomandazione contenuta in una delle “Prediche inutili” di Einaudi “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare”. [Prediche inutili, Einaudi, Torino, 1964, pp. 3-14].
Appendice
Scrivevo trent’anni fa e seguitai a ripetere invano e ripeto oggi, spero, dopo le terribili esperienze sofferte, non più invano, che il nemico numero uno della civiltà, della prosperità, ed oggi si deve aggiungere della vita medesima dei popoli, è il mito della sovranità assoluta degli stati […]. In un’Europa in cui ogni dove si osservano rabbiosi ritorni a pestiferi miti nazionalistici, in cui improvvisamente si scoprono passionali correnti patriottiche in chi sino a ieri professava idee internazionalistiche, in quest’Europa nella quale ad ogni piè sospinto si veggono con raccapriccio riformarsi tendenze bellicistiche, urge compiere un’opera di unificazione. Opera, dico, e non predicazione. Vano è predicare pace e concordia, quando alle porte urge Annibale, quando negli animi di troppi Europei tornano a fiammeggiare le passioni nazionalistiche. Non basta predicare gli Stati Uniti di Europa ed indire congressi di parlamentari. Quel che importa è che i parlamenti di questi minuscoli stati i quali compongono la divisa Europa, rinuncino ad una parte della loro sovranità a pro di un Parlamento nel quale siano rappresentati, in una camera elettiva, direttamente i popoli europei nella loro unità, senza distinzione fra stato e stato ed in proporzione al numero degli abitanti e nella camera degli stati siano rappresentati, a parità di numero, i singoli stati.
Luigi Einaudi, discorso alla Costituente, 29 Luglio 1947, CCVIII pp. 6425-6426, edito poi in varie sedi con il titolo “La guerra e l’unità Europea: discorso alla Costituente del 29 Luglio 1947”