Falcone, per ricordare occorre sapere

Falcone, per ricordare occorre sapere

Accendere i lumini non serve a illuminare i defunti, ma a pacificare i sopravvissuti. Più che a ricordare serve a seppellire, superare, infine dimenticare. Per ricordare, del resto, occorre conoscere e qui il dramma, la piaga che resta aperta ed infetta, non è quel che si ricorda, o si scorda, ma quello che non si è accertato, saputo. Quindi si è nascosto.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono ammazzati con modalità esagerate rispetto allo scopo. Più da guerra civile libanese che da sicari mafiosi. E quel che li unisce, oltre al loro sodalizio e alla loro amicizia, quel che segna la loro ultima stagione in vita, è che a entrambi fu tolta la possibilità di portare a compimento l’inchiesta sulla mafia e gli appalti. Entrambi isolati dalla magistratura. Mentre poi, dopo la loro morte, sul banco degli imputati si trascinarono i vertici del Ros dei Carabinieri, che con loro avevano collaborato. Questo è quello che si deve ricordare. E svelare. Senza melassa retorica e inutili lumini.

La Ragione

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