Ridurre le tasse agli italiani, e semplificare il sistema di imposizione fiscale, mi sembrano due importanti obiettivi di politica liberale. E la cosiddetta flat tax si muove proprio in questa direzione.
Nonostante ciò la proposta, che sia nella versione della Lega o in quella di Forza Italia, presa in senso complessivo, non mi convince.
Perché per raggiungere questi due obiettivi, che fra l’altro a mio avviso potrebbero avere riscontri positivi sulle due vere emergenza economiche italiane, cioè la scarsa produttività e la perdita di competitività del sistema, si deve seguire la via dell’ingegneria sociale e fiscale, del keynesismo non keynesiano per dirla con un gioco di parole?
Non avevamo detto che i progetti ingegneristici a ampio raggio portano a risultati inintenzionali, cioè imprevedibili e non programmabili? Come possiamo scommettere, perché di scommessa si tratta, su un’automatica crescita complessiva del sistema e sull’emersione dell’evasione solo per virtù di un’aliquota fiscale unica?
Solo se questi risultati saranno raggiunti, la flat tax potrà rendersi compatibile con il nostro debito pubblico esorbitante. Ma che essi si siano effettivamente raggiunti mi sembra, ripeto, solo una scommessa che, nella nostra situazione attuale, non possiamo permetterci di giocare.
C’è tanto determinismo, e per giunta di tipo economico come quello marxiano, in questa proposta. Ma le variabili sociali sono imprevedibili e veramente tante e un liberale dovrebbe ben saperlo e considerarlo.
Più in generale, non mi piace l’idea “giacobina” e politicistica (in questo caso di politica economica) della “scossa”: i risultati si raggiungono più riformando quotidianamente il sistema che non provocando “catastrofi” e “rivoluzioni”.
La via maestra da seguire sarebbe invece proprio quella che è stata accantonata: una seria spending review che elimini sprechi e spese ingiustificate (in cui senza dubbio rientrano anche le deduzioni di imposta e gli sconti fiscali settoriali che propone di abolire Forza Italia contestualmente all’introduzione della flat tax).
E, accanto a essa, una riforma della giustizia amministrativa, una vera e propria sburocratizzazione, ponderate privatizzazioni e liberalizzazioni dei mercati protetti. Cioè l’eliminazione di tutti quegli ostacoli che rendono difficile fare impresa nel nostro Paese, agli italiani come agli stranieri che vogliono da noi investire.
Diminuire in proporzione le tasse più ai ricchi che ai poveri, a me che son liberale non genera indignazione. Ma se il senso di questa operazione è che i ricchi investano poi le risorse risparmiate per creare lavoro, in modo da aumentare la ricchezza generale del sistema come ci hanno insegnato i padri della dottrina, eliminare ostacoli più che studiare a tavolino politiche attive dovrebbe essere il compito primo di una politica liberale. [spacer height=”20px”]
Corrado Ocone, huffingtonpost.it 26 febbraio 2018