Predicare è ciononostante un dovere. E tornare a ripetere le stesse cose è un imperativo categorico. (Prediche, Bari 1920)In questo numero: ● La Consulta contro il paternalismo di Stato di Luisella Battaglia ● Senato: consenso, dissenso e modifiche su una riforma che va assolutamente fatta di Massimo Teodori ● Piccoli liberali crescono ● Fondi e fondazioni di Giuseppe G. Santorsola ● Scherzando e malignando di Guido Di Massimo ● Cittadini europei e crisi dell’euro ● Appuntamenti ● Borsa di Studio della Fondazione Luigi Einaudi
La Consulta contro il paternalismo di Stato
di Luisella Battaglia*
La sentenza della Corte Costituzionale ha ulteriormente smantellato l’impianto della legge 40 sulla fecondazione assistita, facendo cadere il divieto di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa (cioè con gameti di persone estranee alla coppia) e consentendo quindi a coppie desiderose di avere un figlio di non dover più migrare verso paesi più tolleranti e liberali del nostro.
In precedenza, la legge aveva conosciuto altre e ben meritate bocciature: dal divieto di produrre più di tre embrioni all’obbligo di impiantare contemporaneamente tutti gli embrioni prodotti al divieto di diagnosi preimpianto. Oggi salutiamo una sentenza civile e largamente auspicata che ha suscitato tuttavia alte grida di dolore da parte del consueto stuolo di profeti di sventure: c’è chi ha parlato di ‘fecondazione selvaggia’, chi di ‘sentenza choc’ e chi di ‘ultima follia italiana’. Ma in cosa consisterebbero lo choc e la follia? Proviamo a riflettere.
Sappiamo che esistono ostacoli di origine culturale nei confronti della procreazione assistita, tra cui la diffidenza per l’artificiale, identificato col negativo e col male, e contrapposto al naturale, simmetricamente associato al positivo e al buono. Si può però rilevare che è artificiale anche quella famiglia adottiva che muove da un’idea di genitorialità che va al di là del piano meramente biologico ma che – si è tutti pronti ad ammetterlo – riflette un ethos profondo. Perché, dunque, dovremmo preferire la casualità assoluta della procreazione naturale all’intenzionalità deliberata di un progetto tenacemente perseguito? Perché dovremmo pensare che la coppia che si affida alle nuove tecnologie riproduttive non sia mossa dagli stessi sentimenti che animano le altre? Perché negare pregiudizialmente l’esistenza di un ethos a quell’altra forma di famiglia altrettanto artificiale che si serve, per realizzare il suo progetto esistenziale, della fecondazione assistita? Lo potremmo, sì, ma a condizione di sostenere che solo ciò che è naturale e biologico è, per ciò stesso, buono: il che, forse, può valere per gli alimenti, molto meno per le famiglie.
Una delle conseguenze della legge 40 è stato di ridurre drasticamente, se non di vanificare, lo spazio delle azioni permissibili, la cosiddetta ‘sfera di liceità’. Questa sfera è collocabile tra due estremi: ciò che è obbligatorio e ciò che è vietato. Questa sfera, propria dello stato liberale, dovrebbe consentire a ogni cittadino, in piena libertà di coscienza, di assumere decisioni relative ai suoi progetti, anche procreativi, che corrispondano alla sua idea di ‘vita buona’.
Su un tema delicato e complesso, come quello della procreazione assistita, è legittimo – e forse necessario – che si diano opinioni diverse. La tolleranza rende possibile la differenza ma la differenza, come rileva Michael Walzer, rende necessaria la tolleranza. Se non vogliamo vivere in uno Stato paternalista che decide per noi quel che è bene fare o evitare, se intendiamo ‘uscire dallo stato di minorità’ (tanto per riprendere le parole del massimo filosofo liberale tedesco del 700, Immanuel Kant), occorre l’assunzione esplicita delle responsabilità che ci vengono dal nostro status di cittadini. Ora, tenendo conto della natura controversa delle tesi filosofiche ed etiche cui si richiamano sia i divieti che le prescrizioni della legge 40, non si può non rilevare che essa traduce sul piano giuridico una sola delle diverse concezioni etiche in campo, quella appunto più rigorista, intransigente e restrittiva, ignorandone altre, sostenute da ragioni eticamente altrettanto valide.
Da qui il rischio, segnalato da più parti, di una regressione culturale e istituzionale con la messa in crisi del principio stesso della laicità dello Stato – quale si era venuto affermando fin dagli anni settanta con l’approvazione delle leggi sul divorzio e il nuovo diritto di famiglia – secondo una linea evolutiva che valorizzava l’autodeterminazione degli individui e rispettava la pluralità delle concezioni etiche. La legge 40, col suo sancire il primato del vincolo di sangue, sembra in effetti contraddire quel ridimensionamento del dato biologico come fondamento delle relazioni familiari che era stato uno dei cardini della riforma del diritto di famiglia, ma soprattutto viola quella distinzione tra sfera pubblica (politica) e sfera privata (morale) che, dal ‘600 in poi, costituisce un patrimonio ideale irrinunciabile del mondo moderno.
Si è parlato, a proposito di procreazione assistita, di famiglia ‘artificiale’, ma esiste un altro esempio di artificialità: l’adozione. Le differenze sono evidenti: la prima e più ovvia, è che l’adozione è un istituto pensato per dare una famiglia a un bambino che già c’è, laddove la fecondazione eterologa è una pratica che intende aiutare una coppia ad avere un bambino ‘suo’. Nel primo caso al centro dell’attenzione è il bambino, nel secondo la coppia. È tuttavia un progetto di genitorialità che si realizza: in entrambi i casi, c’è una forte volontà di costituire una famiglia fondata su legami sociali anziché su vincoli di sangue; è la decisione di un uomo e di una donna che sottraggono la paternità e la maternità alla natura e al destino. Perché ostacolarla? Quando il progetto procreativo è voluto con piena consapevolezza da una coppia (debitamente informata su tutti gli aspetti problematici che le nuove tecnologie comportano) non sembra in alcun modo giustificato un divieto che nega di fatto quell’autonomia che costituisce un principio irrinunciabile della nostra civiltà in campi come la famiglia, la sessualità, la procreazione.
* Bioeticista e membro della Consulta Liberale
Senato: consenso, dissenso e modifiche su una riforma
che va assolutamente fatta
di Massimo Teodori*
Non ho il minimo dubbio che la riforma del Senato vada fatta, e che le obiezioni fondate sul pericolo di una “svolta autoritaria” siano del tutto evanescenti. Ecco il mio parere con alcuni Sì, alcuni No e alcune Modifiche sulla proposta di legge costituzionale presentata dal governo.
Sì all’abolizione per le funzioni del Senato dei voti di fiducia e di bilancio che sono i principali atti che legano Parlamento e Governo.
Sì alla riduzione dei membri del Senato in numero non superiore a 200 e al mantenimento del termine Senato che ha un valore storico corrispondente alle architetture istituzionali di gran parte delle democrazie liberali.
Sì alla competenza piena sulle leggi costituzionali e, aggiungo, su quelle elettorali e d’inchiesta.
Sì al Senato come organo legislativo e di controllo con poteri diversificati e limitati rispetto alla Camera.
Modifica. Al Senato vanno attribuite maggiori funzioni di garanzia e di controllo. Il bilanciamento dei poteri richiederebbe che la Camera controlli le autonomie locali e il Senato controlli la Camera eletta con sistema misto proporzional-maggioritario. Ma, per svolgere tutte queste funzioni così ripartite, i membri del Senato devono avere una legittimazione diretta.
Modifica. Il Senato deve costituire un corpo nazionale e non può ridursi a una semplice sommatoria delle autonomie locali che legiferano su se stesse e controllano funzioni che appartengono allo Stato nazionale.
No alla auto-designazione dei governatori e dei sindaci che in tal modo indosserebbero due casacche e finirebbero per rispondere solo al loro elettorato locale. Una assemblea nazionale non può che avere una legittimazione elettorale diretta. Dunque occorre una qualche forma di elezione che può essere effettuata su base regionale (come era inizialmente previsto dai Costituenti), meglio se diretta e di persone che non siano gli stessi amministratori locali e regionali.
No ai governatori e sindaci che fanno leggi su se stessi. L’esperienza repubblicana insegna che gran parte del malcostume politico e della dilatazione della spesa pubblica deriva dai poteri legislativi autonomi delle regioni.
No al Senato come organo consultivo inutile che riproponga su scala maggiorata il CNEL.
Infine. È una sciocchezza demagogica la mancanza di indennità per i membri del futuro Senato. Il punto è che le indennità dei parlamentari, dei governatori e soprattutto i contributi ai gruppi parlamentari e regionali vanno tutti ridotti e calmierati.
* Politologo e Consigliere di Amministrazione della Fondazione
Piccoli liberali crescono
È il titolo col quale Il fatto quotidiano ha bollato il Contromanifesto del quale abbiamo pubblicato il testo nello scorso numero e che (cliccando qui) potrete rileggere. In effetti, a giudicare dal numero delle adesioni qui sotto riportate, questi 101 (contouno) piccoli liberali cominciano a preoccupare i pasdaran della Costituzione più bella del mondo.
Tarcisio AmatoCarlo AngelinoPaolo Armaroli
Valentino Baldacci Pier Luigi Barrotta Luigi Marco Bassani Giuseppe Bedeschi Sergio Belardinelli Paolo L. Bernardini Sergio Bertelli Giampietro Berti Giuseppe Brescia Andrea Bucciarelli Alex Bush Luigi Cantoni Marco Cavallotti Franco Chiarenza Roberto Chiarini Ferdinando Cionti Luca Codignola Dino Cofrancesco Mario Collepardi Luigi Compagna Giacomo Coronelli Girolamo Cotroneo Luigi Covatta Edoardo Crisafulli Raimondo Cubeddu Luca D’Addesio Luciano D’Argenio Elio D’Auria Danilo Di Matteo Giuliano Ferrara Dario Fertilio |
Gian Luigi FortiMarino FreschiTommaso Edoardo Frosini
Marco Garetti Angelo Gazzaniga Marco Gervasoni Achille Ghidoni Aldo Giannuli Clementina Gily Alberto Giordano Paola Giordano Cesare Giussani Fabio Grassi Orsini Maurizio Griffo Pietro Grilli di Cortona Maurizio Hanke Gaetano Immè Alberto Indelicato Lorenzo Infantino Sergio La China Giulia Lami Guido Lenzi Alessandro Libera Alessandro Litta Modignani Giuseppe Lombardo Mario Lupo Franco Manti Gianni Marongiu Michele Marsonet Enrico Masala Francesco Masini Lorenzo Matteoli Umberto Melotti Aldo Alessandro Mola |
Stefano Monti-BragadinEnrico MorbelliTiziano Muliere
Corrado Ocone Piero Ostellino Gianluigi Palombella Ernesto Paolozzi Giuseppe Parlato Giuliano Parodi Fiorella Pasotti Luciano Pellicani Antonino Pennisi Giuseppe Pennisi Francesco Perfetti Guido Pescosolido Marco Pierini Anna Pintore Pierfranco Quaglieni Simone Regazzoni Franco Carlo Ricci Sandro Rogari Daniele Rolando Florindo Rubbettino Gianfranco Sabattini Saro Salamone Elisa Sassoli Giulio Savelli Salvatore Sechi Mario A. Toscano Andrea Ungari Bianca Valota Ortensio Zecchino Emanuela Zurli |
Fondi e fondazioni
di Giuseppe G. Santorsola*
Le maggiori banche italiane presentano un importante cambiamento nella composizione del proprio libro soci: si attenua il peso delle fondazioni bancarie e cresce quello dei fondi di investimento. Ciò comporta un mutamento strategico rilevantissimo con effetti ancora da calcolare.
La distanza fra Siena e Volterra è minima, ma le rispettive fondazioni locali presentano oggi differenze assai notevoli. La seconda è saldamente azionista della banca conferitaria nel 1992; la prima ha recentemente venduto due importanti tranche della sua quota separando, certamente nolente, il proprio destino da quello della banca, salvo una quota azionaria di minoranza collegata a un patto parasociale. In realtà la distanza fisica citata è 38 km, quella stradale 55 km e il tempo di percorrenza minimo tra impervi colli più di un’ora: fattispecie simile a quella che distingue il destino delle due fondazioni.
Tra questi due esempi “limite”, rileviamo molteplici differenziate situazioni che evidenziano l’ineludibile separazione fra fondazioni e casse di risparmio, soprattutto quando queste ultime non sono più autonome, ma solo parte di banche conseguenti a molteplici fusioni i cui soci caratterizzanti attuali hanno tipologia molto differente. Il percorso è evidente nelle banche maggiori, tutte caratterizzate dalla confluenza di numerose casse (con peso rilevante iniziale delle relative fondazioni) e oggi con quote notevolmente ridotte e ulteriormente in diminuzione in prospettiva con gli aumenti di capitale in corso.
Hanno assunto rilevanza quali soci mai maggioritari, ma rilevanti e crescenti, fondi comuni di investimenti finanziari in società private non quotate, fondi previdenziali e altre strutture istituzionali. La prevalenza di tali soggetti è giuridicamente ed economicamente “straniera” ed è strutturalmente lontana da condizionamenti; inoltre segue logiche diverse generatrici di un conflitto la cui attenuazione sembra dovuta solo alla debolezza finanziaria delle fondazioni e alla potente liquidità dei fondi. Un cambiamento epocale che coinvolge anche soci terzi, costretti ad abituarsi a differenti modelli di governo delle imprese, a orizzonti temporali e geografici modificati, a regole etiche non necessariamente migliori, ma di sicuro diversamente fondate e ad attenzioni focalizzate su ritorni economico-finanziari disallineati rispetto a quelli socio-localistici, divenuti peraltro fra di loro in conflitto a seguito del susseguirsi delle fusioni.
Il limite di questo cambiamento è nel discrimine fra fine dell’iperlocalismo e diffusione della presenza estera nel capitale delle banche.
* Ordinario di Corporate Finance e Corporate & Investment Banking all’università Parthenope di Napoli
di Guido Di Massimo
Decrescita felice: una buona vecchiaia.
Premio di maggioranza: il premio di produzione a chi di storie e parole è il miglior dicitore.
Sbarramento elettorale: per non far passare chi in Parlamento non intruppato vorrebbe andare.
Premio di maggioranza più sbarramento elettorale: la nostalgia del partito unico.
Renzi e Merkel si incontrano e si baciano: sereni entrambi?
I seguaci: renziani, renzini o ronzini?
Ferrovie Italiane: i pendolari pendolano e tra un pendolamento e l’altro attendono; nell’attesa la speranza, nel viaggio lentezza e calca e nell’arrivo la delusione: meglio attendere.
Rottamato lo stipendio di Moretti?: la goduria dei pendolari.
Dobbiamo fare pulizia in casa nostra: il rischio del vuoto assoluto.
La politica degli annunci: nuntio vobis gaudium magnum.
Il deputato grillino D.T. dice di essere circonciso: è così che Grillo marca i suoi uomini?! E con le donne come fa?
Invece di eliminare il Senato:
sarebbe cosa ideale
istituire una terza camera parlamentare
che avesse il compito di cassare
ogni legge bicamerale
emanata con superficialità
da chi non sa quello che fa.
Potrebbe essere pagata “un tanto a cassazione”
a carico dei responsabili dell’emanazione
della legge che ha subìto la cassazione.
Sarebbe un sistema virtuoso:
per incassare di più
la terza camera casserebbe sempre di più
mentre per pagare di meno
il legislatore legislerebbe sempre di meno
con il grande vantaggio
che le leggi sarebbero sempre di meno
e noi saremmo liberi sempre di più.
La presentazione del libro di Giuseppe Guarino “Cittadini europei e crisi dell’euro“, tenutasi presso la Fondazione Luigi Einaudi di Roma il 10 aprile scorso, ha riunito una vasta platea di intellettuali ed ha riscosso grande interesse mediatico.
Di seguito è possibile leggere gli articoli pubblicati in seguito all’evento.
Mercoledì 7 maggio ore 18 in Fondazione: presentazione del libro ”Internazionalismo liberale” di Guido Lenzi, édito da Rubbettino, con Luigi Vittorio Ferraris, Giorgio Ferrari, Maurizio Stefanini e Valerio Zanone. Presiede Enrico Morbelli
Due carte a confronto
Visto che si parla tanto di riforme costituzionali, l’Associazione degli Amici ha messo in calendario la rivisitazione di due carte che hanno preceduto quella repubblicana attuale.
Giovedì 15 maggio (in Fondazione alle ore 18) verrà presentato il libro di Maria Sofia Corciulo “Una rivoluzione per la costituzione del 1820-1821” (agli albori del risorgimento meridonale), édito da ESA. Francesco Bonini, Luigi Compagna, Tommaso Frosini e Francesco Mercadante ne parleranno con l’autrice. Presiederà Saro Freni.
Mercoledì 21 maggio (alle ore 18.30 in Fondazione) sarà la volta dello Statuto Albertino: le radici della nostra libertà. L’incontro, curato da Paolo Rutili Dragonetti de Torres, vedrà alternarsi Arturo Diaconale, Massimo Mallucci e Roberto Pasca di Magliano.