Ricordare quel che è vivo in noi del passato giova a conoscere il presente ed a preparare l’avvenire. (La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana, Bari 1933)
in questo numero:
● Respinte all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione le dimissioni del Presidente Mario Lupo ● Renato Mastonardi: 80 voglia di libertà di Enrico Morbelli ● A bocce ferme: rileggiamo l’ultimo vertice Ue di Guido Colomba ● Liberalismi in libreria di Valerio Zanone ● Scherzando e malignando di Guido Di Massimo ● Amici al setaccio
Respinte all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione le dimissioni del Presidente Mario Lupo
Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi, riunito a Roma il 3 luglio 2014 con la presenza di Franco Chiarenza, Roberto Einaudi, Vito Gamberale, Marcello Inghilesi, Enrico Morbelli, Giovanni Orsina, Alessandro Ortis, Alberto Pera, Massimo Teodori e Valerio Zanone, respinge all’unanimità le dimissioni del Presidente Mario Lupo, presentate in seguito alla vicenda giudiziaria relativa alla carica di Presidente della società ILVA del gruppo IRI, da lui ricoperta dal 1988 al 1991, e lo invita a continuare ad assicurare all’Istituzione la sua guida.
Renato Mastronardi: 80 voglia di libertà
di Enrico Morbelli
Massone dormiente ma liberale sveglio e vivace, Renato Mastronardi fa parte di quel manipolo di giovani amici della Fondazione Einaudi che dal 1988 dà una mano per portare avanti la Scuola di Liberalismo. Solo che lui è un po’ meno giovane degli altri e il 23 luglio compirà 80 anni (un traguardo già raggiunto in verità da un altro nostro amico, Salvatore Quarzo, quando però ancora non esisteva questo notiziario). In compenso Renato compirà contemporaneamente anche 18 anni perché il suo genetliaco ha la particolarità di durare quasi un mese: dal 23 luglio al 17 agosto, giorno nel quale – in un venerdì di (appunto) 18 anni or sono – venne travolto a Sabaudia da un’automobile e per qualche ora fu più di là che di qua. Poi risorse, come Lazzaro. Ma la cosa ha lasciato il segno. Da allora, tutti i venerdì vengono da lui vissuti con circospezione; il 17 di ogni mese evita accuratamente di uscire di casa; e quando malauguratamente arriva un venerdì 17, non si alza neanche dal letto.
Ricapitoliamo: massone dormiente, vivace amante della libertà e superstizioso convinto. Ciociaro di Torrice, Renato fu negli anni Sessanta (del secolo scorso) corrispondente de Il Tempo da Frosinone e venne poi eletto consigliere provinciale con il PLI. Fu in quel periodo che il “gran materassaio” (come lui chiama Licio Gelli, che allora lavorava alla Permaflex di Frosinone) lo iniziò ai princìpi della massoneria. Poi venne a Roma e fu, per quasi quarant’anni, il braccio destro di Giuseppe Alessandrini, un medico che mai fece il medico ma divenne grande imprenditore e, col lavoro politico di Renato, fu eletto deputato liberale per due legislature. Merito soprattutto di un periodico – Battaglie liberali – col quale Mastronardi (assieme a Gaspare Barbiellini Amidei e Gustavo De Marsanich, ma anche con Filippo Anastasi, Enrico Morbelli, Elena Aleotti e tanti altri) creò la base elettorale di Alessandrini. Renato lo seguì in seguito in diverse iniziative industriali (la fabbrica di revisione carri armati di Tor Pagnotta e l’interporto di Pomezia, solo per citarne alcune) finché si conquistò con la pensione il meritato premio: rileggersi in santa pace tutti i classici del pensiero liberale e divenire così uno dei migliori giudici delle centinaia di tesine sfornate dalla Scuola di Liberalismo. Come ci ha confermato ancora una volta: “80 voglia di libertà”.
A bocce ferme: rileggiamo l’ultimo vertice Ue
di Guido Colomba
Crescita e politica industriale. Per la prima volta Angela Merkel ha affrontato un vertice Ue in una situazione nuova e difficile. Per la debolezza della Francia, per l’ostilità di Cameron (che non voleva vedere nemmeno le bandiere europee), per l’ingresso di una nuova leadership, quella di Matteo Renzi. Non è vero che i toni di Renzi siano stati soft o di basso profilo. Il discorso pronunciato alla Camera è stato studiato in controluce da tutte le cancellerie europee. Berlino in primis. La frase di Renzi è stata quanto mai perentoria: “Viola il patto di stabilità chi non parla di crescita”. Sta di fatto che il trattato Ue, stipulato nel 1997, porta il titolo “Patto di stabilità e crescita“. Se qualcuno ha sbagliato ora deve fare un passo indietro.
Vi è una seconda grave carenza. Quella della mancata politica industriale che, dopo la tempesta finanziaria del 2008, si sta traducendo in una crescente deindustrializzazione. Un problema che non riguarda solo l’Italia (ha perso un quarto della produzione in sei anni) ma anche il resto d’Europa dove il peso globale del manifatturiero sul Pil è sceso del dieci per cento. La disoccupazione (24 milioni in tutta Europa) nasce da questa errata visione di privilegiare l’attività di servizi e finanza lasciando ad altri il ruolo industriale. Un errore tanto grave che, negli Usa, ha indotto la Casa Bianca, già tre anni fa, a invertire la rotta con provvedimenti concreti: sconti fiscali, incentivi all’innovazione e alla ricerca. Una ricetta che sta già funzionando.
Cosa ha fatto l’Europa? È una domanda retorica visto che è stata ignorata la stessa direttiva Ue che, in otto anni, voleva elevare al 20% la quota del Pil industriale in Europa. Vi sono poi le aberrazioni attuative del patto di stabilità denunciate più volte dal Fmi e dalla Fed. Bruxelles ha avviato la procedura di infrazione perché l’Italia non paga i debiti arretrati alle imprese, che vengono bloccati proprio dal patto di stabilità (i Comuni ad esempio hanno in cassa 8,5 miliardi ma non li possono spendere).
Schäuble continua a parlare di rispetto dei vincoli però dall’Italia le casse europee hanno ottenuto ben 54 miliardi di euro per il salvataggio dei Paesi in crisi verso i quali le banche italiane non erano esposte se non in misura minima ma lo erano abbondantemente quelle tedesche e del Nord Europa. Dunque, dai “falchi” di Berlino vengono diffuse “false-verità” che i mass media, troppo enbedded, si sono ben guardati dal denunciare. È questo il senso del principio renziano di “parlare prima dei contenuti e poi delle nomine”. Questo non significa dover regalare ai soliti Stati il ponte di comando della Ue.
Il Quirinale ha firmato i due decreti sulla riforma della PA (consente posti di lavoro per i giovani) e sulla competitività (start up e Pmi). A un magistrato (Cantone) è stato affidato il controllo sugli appalti presenti e futuri. Al tempo stesso, il cammino delle riforme del Senato e delle Autonomie prosegue con intensità. Dunque, Renzi è andato a Bruxelles con le carte in regola. È sufficiente tutto ciò per dire che l’Italia è una nazione forte? Si può solo dire che il Paese, a lungo compresso, ha voglia di ripartire. È questo il senso del “rinascimento asimmetrico” che si profila all’orizzonte. I primi segnali: a) torna a crescere (+5,7%) l’export nei paesi extra europei. Il saldo dell’export manifatturiero colloca l’Italia tra i primi dieci del mondo e al secondo posto in Europa dopo la Germania. b) L’Italia è di nuovo appetibile per gli investitori esteri. c) Il patrimonio culturale è tornato a essere considerato un asset che può contribuire al rilancio. Qualcosa si muove e un po’ di ottimismo non guasta.
di Valerio Zanone
Negli Stati Uniti i presidenti giurano sulla Bibbia e la fiducia in Dio è stampata sul dollaro, però la Costituzione vieta al Congresso di “riconoscere qualsiasi religione o proibirne il libero culto”. Chi dunque ritenga istruttivo conoscere direttamente dalla parola dei padri fondatori cosa pensassero in materia di fede, può documentarsi sull’antologia di lettere e discorsi curata da Nunziante Mastralia e Luciano Pellicani (Le radici pagane della costituzione americana, edizione Ariete 2013)
Salta agli occhi anzitutto l’anticlericalismo di Jefferson verso i ministri di tutti i culti: “In ogni paese e in ogni età il prete è stato ostile alla libertà, e sempre alleato con il despota” (1814). “I preti delle diverse sette religiose temono il progresso della scienza come le streghe hanno paura dell’avvicinarsi del sole” (1820).
Le premesse di quell’anticlericalismo si trovano (1772) in Beniamino Franklin: i religiosi si ritengono possessori esclusivi della verità e di conseguenza in dovere di eliminare l’errore; perciò protestano contro le persecuzioni religiose e perseguitano le altre religioni e ancor più il laicismo.
Ma allora perché ogni presidente termina il suo primo discorso dicendo “So Help me God”? La spiegazione si può cercare in Thomas Paine: “Non credo nelle verità professate dalla chiesa ebraica, dalla chiesa romana, dalla chiesa greca, dalla chiesa turca, dalla chiesa protestante e da ogni altra chiesa. La mia mente è la mia chiesa”. “Credo in un solo Dio e niente di più. E credo che i doveri religiosi consistano nel fare giustizia, nell’amare la misericordia e nel cercare di rendere felici le altre creature”.
Resta del libro di Pellicani un dubbio sul titolo. Perché “radici pagane” e non piuttosto “radici deiste”?
(Nota: questa scheda fa parte di un dossier sul laicismo che ammucchio da anni, e prima o poi dovrebbe diventare un libro).
di Guido Di Massimo
Senato: un peso da eliminare o un contrappeso da mantenere?
Grillo ci ripensa: da casaLeggio a casa Renzi.
Il PM che dichiarò Enzo Tortora “cinico mercante di morte”, pur dopo trent’anni, con senso di responsabilità, si scusa civilmente con la famiglia: chi dice che i giudici non hanno responsabilità civile?
Bergamo – Eterogenesi dei fini: cercare lumi su fatti di sangue e trovare lumi su fatti di corna.
DNA: è la prova scientifica delle corna; per i mariti con molti figli sono in vendita kit di test con “sconto-quantità”.
Vecchi: i sopravvissuti.
Renzi docet: Franceschini rottama i privilegi ai vecchi nell’ingresso ai musei. Costano già troppo in pensioni e assistenza sanitaria; pretendevano anche i privilegi nei musei!! Ci potranno andare gratis e restarci, ma solo come mummie!
A 30 denari il POS: se la legge fosse stata varata prima avremmo ora la prova inoppugnabile del tradimento di Giuda; che incassando senza POS fu anche evasore fiscale.
RAI: vorrebbe trasformarsi in in pay TiVu
ma teme che nessuno la pagherebbe più
meglio incassare per legge dello Stato
che rischiare i capricci del mercato.
Spese militari: se vogliamo risparmiare sono tutte da eliminare.
C’è già chi le spese militari le fa,
e che da molti anni ci difende
in cambio di quasi niente:
solo un po’ di sudditanza,
all’interno d’una grande alleanza.
Amici al setaccio
Il Direttivo degli Amici della Fondazione ha deciso di verificare la correttezza dei propri indirizzari e, soprattutto, l’interesse a partecipare alle sue iniziative da parte di chi riceve gli inviti. Insomma, si vuole essere più presenti nella Società ampliando analisi e approfondimenti. E, per far ciò, occorrono nuove energie.
Le idee non mancano: dopo la pausa estiva verrà organizzato un convegno sulla situazione carceraria in Italia, sul recupero dei carcerati, sulla loro detenzione, sull’edilizia carceraria. Si ha poi in programma una serie di incontri sull’Europa attuale e le sue prospettive; e su come da situazioni di crisi si possano avere vantaggi e spinte verso una maggiore integrazione politica. La serie di incontri sarà sviluppata secondo una “linea strategica” che costituirà il filo conduttore degli argomenti da discutere.
L’iscrizione all’Associazione verrà estesa anche ai residenti fuori Roma. È auspicabile che si realizzino in varie parti d’Italia nuclei di Amici della Fondazione, una rete di radici liberali che aiuti a costruire su basi liberali un’Europa unita e solidale. Questo sarà il contenuto di un appello che verrà indirizzato in settembre a tutti i simpatizzanti registrati nei nostri indirizzari.
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