Bisogna scegliere non la proporzionale, la quale manda in Parlamento macchine da voto, ma il collegio piccolo, che manda un uomo invece di una macchina, scelto per la stima che si ha di lui. (Intervento alla Consulta Nazionale, 11 febbraio 1946)
Come emendare la proposta di riforma elettorale
di Massimo Teodori
Dopo anni di chiacchiere sulla riforma del “porcellum”, il decisionismo di Matteo Renzi è da considerare positivo. La proposta di riforma tende a perseguire tre obiettivi in questo momento condivisibili: a) garantire la governabilità attraverso un premio di maggioranza che alla Camera assegni più del 50% dei seggi alla lista, o liste coalizzate, che raggiungano il 35-40% dei voti; b) ridurre la competizione dagli attuali tre grandi blocchi (destra, sinistra e Grillo) ad una corsa bipolare; e c) minimizzare la rappresentanza frastagliata con l’eliminazione delle liste che non raggiungono una determinata soglia (dal 5% all’8%).
Nel momento in cui scrivo non è ancora chiaro che fine farà la proposta, e quali saranno le eventuali modifiche che passeranno il vaglio del voto. In ogni caso alcuni punti, a mio parere, non possono essere accettati: tutti i sistemi elettorali distorcono il rapporto tra voti e seggi, ma si tratta di vedere quale è la distorsione, e con quali obiettivi. Qui di seguito gli aspetti che andrebbero modificati:
1° – E’ insensata la proposizione di due soglie diverse (presenti anche nel porcellum) per accedere alla ripartizione dei seggi – 5% per le liste coalizzate, e 8% per quelle non coalizzate – un escamotage che esiste solo in Italia. Le due diverse soglie generano una profonda disparità che penalizza ulteriormente coloro che sono già svantaggiati. E’opportuno unificare la soglia di sbarramento al 3% o 4% per cento.
2° – Il premio di maggioranza, per legittimare davvero i governanti che escono dal voto, dovrebbe essere portato ad un livello più alto, per esempio al 40%.
3° – Non si possono calcolare i voti di tutte le liste apparentate al fine di raggiungere la soglia per il premio di maggioranza e poi distribuire il premio in seggi solo alle liste che superano il 5%. Occorre unificare il criterio per ottenere il premio di maggioranza con quello per la distribuzione dei seggi in base al premio.
4° – Le liste bloccate, anche se brevi (4-6 candidati in piccoli collegi plurinominali), suscitano giustamente l’opposizione di chi ritiene, come io ritengo, che occorre restituire ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti. Il sistema migliore è il collegio uninominale, oppure, in sua mancanza, la preferenza unica.
5° – Il meccanismo proposto per garantire la parità di genere (al massimo due candidati dello stesso genere di seguito) è truffaldino. Infatti con il meccanismo proposto, in ogni piccolo collegio, molto difficilmente le liste eleggono più di due candidati.
6° – L’assegnazione dei seggi, quale che sia il premio di maggioranza, avviene a livello nazionale e, quindi, si procede alla distribuzione degli eletti prima su base circoscrizionale, e infine nei collegi plurinominali. Si tratta di un meccanismo barocco che distanzia attraverso più mediazioni partitiche il voto dell’elettore dall’eletto.
7° – Se si vuole davvero ridurre la moltiplicazione delle liste, dei candidati e degli eletti, e puntare su una riduzione ai grandi blocchi, occorre agire anche – se non soprattutto – sulle regole del finanziamento pubblico che in questi anni è stato un incentivo in senso contrario.
8° – Un altro aspetto che non si può trascurare è relativo alla cosiddetta “legislazione para-elettorale”, in primo luogo le firme che hanno costituito finora un elemento di disparità tra coloro che erano “dentro” e non dovevano raccogliere le firme, e i nuovi.
Queste osservazioni di particolari aspetti della proposta depositata in Parlamento prescindono dal giudizio sul sistema nel complesso che può essere accettato solo se serve a metter una buona volta fine allo stallo. Personalmente ritengo che il migliore sistema elettorale in questo momento di sfiducia della politica sia il cosiddetto “australiano” ovvero un doppio turno a collegio uninominale in un turno solo. Oppure, il più semplice ed efficace “uninominale” o “doppio turno alla francese” che probabilmente assicurerebbero sia la governabilità che una migliore selezione del personale.
Consulta liberale
di Franco Chiarenza
Il Presidente Mario Lupo ha insediato il 15 gennaio la Consulta Liberale della Fondazione, rendendo così operativa una delibera dell’Assemblea dei soci per l’attuazione dell’art. 14 dello Statuto, il quale ne prevede la costituzione al fine di rappresentare un punto di riferimento per la cultura liberale e una sede di confronto con il liberalismo internazionale.
Il primo nucleo della Consulta, che sarà integrato mediante successive cooptazioni, è composto, oltre al presidente, da Adolfo Battaglia, Luisella Battaglia, Giuseppe Bedeschi, Paolo Bonetti, Salvatore Carrubba, Pierluigi Ciocca, Dino Cofrancesco, Raimondo Cubeddu, Domenico da Empoli, Natalino Irti, Sebastiano Maffettone, Piero Ostellino, Luciano Pellicani, Angelo Maria Petroni.
La Consulta, su proposta del Presidente, ha cooptato i presidenti onorari Roberto Einaudi, Giancarlo Lunati e Valerio Zanone, ha nominato Coordinatore Franco Chiarenza ed ha anche delineato le aree tematiche e il metodo di lavoro che caratterizzeranno la sua attività.
Alla ricerca dell’arca perduta
di Enrico Morbelli
I giorni passano, il 25 maggio si avvicina, il rinnovo del Parlamento europeo è in dirittura d’arrivo ma l’atteso annuncio del varo dell’arca elettorale liberale è di là da venire. La bottiglia di spumante è in fresco da mesi, ma l’armatore ALDE, che è il partito dei liberali europei, è pieno di dubbi: incerto su chi far salire a bordo e chi no, incerto sulla madrina del varo, incerto sul nome del capitano. Ai tempi di Noè fu tutto più facile. Intanto c’era Noè e poi non c’era da raccogliere 150mila firme per la presentazione della lista. Quindi salirono tutti, in coppia, un maschio e una femmina. E fu la conservazione della specie. Riusciranno i nostri eroi a conservare la specie liberale? Giorni fa è apparsa la notizia che Scelta Civica, dopo la scissione consumata con la componente popolare, ha proposto di federarsi con altri movimenti in nome di una comune vocazione liberale. Sarà vero? Qualcuno ci spera e – sono parole di Stefano de Luca, segretario PLI – ritiene che “non vada sciupata la straordinaria opportunità che il momento politico offre, superando divisioni e sottili differenze, tipiche della ricchezza del pensiero liberale”. Come a dire che, se fossimo poveri e ignoranti, forse le cose andrebbero meglio. Va ricordato (e noi ne demmo conto) che, alla fine dello scorso ottobre, sei formazioni di matrice liberale avevano dato vita a una prima iniziativa, provvisoriamente denominata “In cammino per cambiare”, con l’obiettivo di riunire dopo vent’anni le disperse forze liberali italiane. Fare per fermare il declino (Michele Boldrin), Partitolo liberale italiano (Stefano de Luca), Liberali italiani (Raffello Morelli), Progett’azione (Angelo Burzi), Uniti verso nord (Alessandro Cè) e Partito federalista europeo (Stefania Schipani) continuano a crederci. Molti però mancano all’appello: abbiamo in mente tante di quelle sigle da riempire un paio di fogli excel. Toccherà a due nordici “italianoparlanti” – lo scozzese Graham Watson, presidente dell’ALDE, e il fiammingo Guy Verhofstadt, capogruppo dei liberali al Parlamento di Strasburgo – andarli a stanare uno per uno. Ma intanto l’arca è ancora in cantiere: Noè sta attaccato al fiasco e gli arsenalotti battono la fiacca.
Arte e Finanza
È il titolo del libro di Emmanuele F.M. Emanuele presentato e discusso la scorsa settimnana nella Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, ad iniziativa dell’associazione culturale Italiadecide.
Alla discussione – che si è svolta alla presenza di un folto e qualificato pubblico e che è stata introdotta da Luciano Violante e conclusa dall’autore del libro – hanno partecipato Patrizia Asproni, Presidente di Confcultura; Cesare Pinelli, Vice Presidente di Italiadecide; Riccardo Rossotto, Senior Partner di R&P Legal; Luca Zevi, Architetto ed il Ministro dei Beni, delle attività culturali e del turismo Massimo Bray.
L’autore dell’opera in questione – molto utile per gli operatori culturali poiché tratta dei legami e delle interrelazioni che esistono fra arte, cultura, economia e finanza e delle competenze economico-finanziarie occorrenti per gestire un’impresa culturale – è giurista, economista e banchiere molto noto, amico della nostra Fondazione, della quale è stato anche Consigliere di Amministrazione e Presidente della Fondazione Roma, con la quale intratteniamo rapporti di proficua collaborazione.
Da Sulmona con amore
Gli allievi della Scuola 2013 di Liberalismo di Sulmona sono alle prese con lo svolgimento delle tesine. Ma stavolta, al posto di consegnarle a mano a Luciano Angelone, storico coordinatore abruzzese dell’iniziativa, le porteranno direttamente a Roma, sede del Circolo dei correttori della Scuola. L’occasione è la visita che compiranno nella Capitale martedì 18 febbraio in due dei palazzi simbolo del potere: la Banca d’Italia e il Quirinale. È la prima volta che la Scuola organizza una simile gita d’istruzione; dalla sua riuscita e dal livello di gradimento dipenderanno le repliche.
Da febbraio a La Spezia e a Torino
Grande entusiasmo va montando a La Spezia per la prima assoluta della Scuola di Liberalismo fissata per venerdì 7 febbraio con una lezione di Dino Cofrancesco. Un antico proverbio recita: “La prima scuola non si scorda mai”. Speriamo che questa iniziativa, presa da un manipolo di ardimentosi capitanati da Armando Bruni di Lerici, lasci un buon ricordo. La consueta compassata effervescenza si registra invece a Torino dove siamo arrivati (con crescente successo) alla ottava edizione. Vittorio Nigrelli e Lorenzo Verdini Bolgioni sono i coordinatori del corso che prenderà le mosse martedì 25 febbraio con la lezione di Carlo Lottieri.