Per trent’anni guida dei liberali italiani e per sedici, leader dei liberali europei: nella Sala Zuccari del Senato si è tenuto quest’oggi l’evento Giovanni Malagodi liberale europeo. Un convegno e una mostra con cui la la Fondazione Luigi Einaudi ha celebrato la figura del suo fondatore, storico statista liberale. “Malagodi è stato il Partito liberale italiano”, racconta il presidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto, “ha rappresentato con autorevolezza i liberali in Italia, nel PLI dalla meta degli anni ’50 fino alla morte nel 1991, e all’estero. A lungo è stato il leader incontrastato dell’Internazionale liberale, l’associazione che riuniva tutti i partiti liberali dell’epoca. Sotto la sua guida, il Pli fu tra i fondatori di Eld – antesignano di Alde, il gruppo politico europeo di riferimento dei partiti liberali – con la Dichiarazione di Stoccarda del 26 marzo 1976”.
Malagodi nasce a Londra nel 1904. Si laurea in giurisprudenza all’università La Sapienza di Roma nel 1926 con Gaetano Mosca, con una tesi di filosofia del diritto sulle ideologie politiche che Benedetto Croce farà pubblicare due anni dopo dall’editore Laterza. Sotto l’ala del brillante banchiere Raffaele Mattioli, sceglie di intraprendere la carriera bancaria per studiare le tematiche economiche. Si forma nella Banca Commerciale Italiana per poi lavorare a Buenos Aires, Berlino, Parigi, Roma e Milano. Nel 1953 si iscrive al Partito liberale italiano, l’anno dopo ne diventa segretario e lo guiderà per oltre trent’anni. Parlamentare di lungo corso, ministro del Tesoro durante il secondo governo Andreotti e presidente del Senato nel 1987. Rifiutò le cariche di membro della Comunità economica del carbone e dell’acciaio e di Segretario generale della Nato. Parlava sei lingue, l’ultima, il russo, iniziò a studiarla ad ottant’anni.
“Ai nostri occhi era un uomo capace di proporre un’alternativa liberale. Simbolo di un liberalismo critico disponibile a convivere con gli altri, capace di stringere alleanze”, ha detto Giuliano Urbani, già ministro dei Beni culturali e della Funzione pubblica, che ha mosso i suoi primi passi in politica proprio nel Partito liberale. “Il ricordo più significativo che ho di lui? Mi chiese in modo pressante di prendere il suo testimone nel partito. La cosa mi riempì di orgoglio, ma in quella fase della mia vita, avevo appena avuto un figlio, scelsi di rifiutare. Avevo bisogno di fare altro, la politica come professione non mi piaceva. Ci rimase male, ma capì”.
Il professor Luca Anselmi, storico dirigente del PLI, ha ricordato: “Da un punto di vista intellettuale lanciò una nuova idea di liberalismo e divenne subito un punto di riferimento in Italia e in Europa”, mentre per il direttore de La Ragione Davide Giacalone: “Malagodi è sempre stato mosso dalla forza delle idee, convinto che la sorte dell’Italia libera fosse legata alla sorte dell’Europa”. Il professor Gerardo Nicolosi, Università di Siena, ha scelto di raccontare la figura dello statista attraverso la sua attività nella rivista La Tribuna, “testata liberale con intenti profondamente riformistici di cui Malagodi è stato promotore nel 1956 a Milano, e organizzatore”, ha detto. “L’Italia a cui guardava la rivista malagodiana non era affatto quel paese retrogrado, provinciale e conservatore così come descritto dai ‘cugini’ del Mondo”, con cui spesso vi era una diversità di vedute, “ma si rivolgeva al ceto medio produttivo”. Le sue pagine, ha sottolineato il professore, “meritano di essere digitalizzare e divulgate”, invito subito raccolto dal segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini, che a tal proposito ha parlato di “lavoro di digitalizzazione della rivista imminente”.
Guidati dal curatore Leonardo Musci, archivista della Fondazione Einaudi, al termine del convegno i presenti hanno visitato la mostra allestita all’esterno della sala. Con documenti inediti, fotografie, manoscritti e lettere scambiate con i principali leader internazionali di quegli anni, la mostra ripercorre i passaggi fondamentali della vita di Malagodi: dall’influenza del padre Olindo in età giovanile agli anni della formazione, dalla carriera professionale a quella politica.
“In Giovanni Malagodi, uomo di raro spessore intellettuale e di vastissima esperienza professionale, troviamo tutti i punti fermi del metodo liberale enunciato e praticato da Luigi Einaudi”, dice il segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini. “Il primo è senz’altro il realismo. ‘Per agire politicamente bisogna sporcarsi le mani: noi non vogliamo avere le mani sporche né di sangue, né di denaro, ma sporche di terra cioè di realtà’, scrisse Malagodi. E lo scrisse rivendicando l’esigenza di una politica ragionata, cosciente e coerente, di cornice istituzionale e di azione pubblica conforme alle necessità intime di un mercato libero e di una società aperta”.