Squisito. Anzi: squisita, perché è una zuppa. La sua origine non è geograficamente esclusiva, perché i mandriani la cucinavano spostandosi. Ma se si dice Gulasch si pensa all’Ungheria. La carne che si usava non era certo la migliore e le spezie abbondanti ne celavano l’odore. Meglio guardare dentro la pentola, quando anche da noi si parla di zuppe all’ungherese.
Perché la destra italiana, in quel caso accomunando Fratelli d’Italia e Lega, prese Orbán in gran simpatia? (Berlusconi anche, ma poi il Partito popolare europeo lo buttò fuori, e già questo dice molto). Orbán è un nazionalista, del resto figlio della ritrovata indipendenza, dopo la fine dell’impero sovietico, e vive a cavallo fra l’Ue e l’Est post sovietico, il che, paradossi della storia, lo rende simpatico a chi ammira in chiave neo nazionalista e spirituale il risorgere dell’impero russo.
Da Orbán, però, le nostre destre potrebbero prendere anche i buoni e non solo i cattivi esempi: lui il debito pubblico lo fece scendere, non si mise a regalare soldi e pensioni, portandolo fino al 66% del prodotto interno lordo. Poi la pandemia lo ha fatto risalire, ma è avvenuto ovunque. Vuole bloccare gli immigrati, epperò ne ha dentro assai più di noi. Va a finire che gli diventa antipatico.
Dopo l’ultima vittoria elettorale s’è identificato con il potere. Per non perderlo (a Budapest l’opposizione è significativa), ha deciso di usare i soldi pubblici per finanziare l’informazione amica, dedicando i tribunali all’altra. I tribunali li ha trasformati e assoggettati. Ragioni per cui l’Unione europea gli dice: o raddrizzi o te ne vai. Lui sa che gli ungheresi non lo vorrebbero, quindi promette di raddrizzare.
Meloni, però, disse che non si deve osteggiarlo, dato che è legittimo perché eletto. E questa è una curiosa obiezione: la democrazia non è votocrazia, è il voto, certo, ma anche lo Stato di diritto. Varrà la pena ricordare che Hitler e Mussolini furono eletti. Lenin e Mao manco quello.
Per anni la destra e la sinistra radicali intonarono la gnagnera dell’Europa tutta mercato e priva di anima politica. Era falso già allora, ma eccoli serviti: l’Ue boccia Orbán per ragioni politiche, non economiche. E ora gli stessi dicono: ma questa è un’operazione politica. Ragazzi, l’avete reclamata fino a sfinirci.
Certo. Perché non esiste libertà, democrazia e mercato dove non c’è lo Stato di diritto. E dicono anche che minacciare il ritiro dei fondi è un “ricatto”, il che tradisce l’idea di un’Europa che si reclama solidale e unita quando si tratta di avere, ma la si vuole ritratta e inerte quando si deve controllare. Troppo fessa per essere presa in considerazione, un’idea simile.
E si arriva alle ultime due cose. Salvini dice che dopo la guerra ha cambiato idea su Putin. Interessante, ma siamo a settembre ed è cominciata a Febbraio. E quella è l’ultima, perché la Crimea se la prese nel 2014. Quella contro la Georgia è del 2008. Tutto prima dell’amore e delle oscene magliettine. Dice Meloni che spera la sua vittoria spiani la strada a Vox, in Spagna. La fratellanza è una bella cosa, ma le amicizie e colleganze dell’uno e dell’altra, che litigano su tutto, a sommarle in tutta Ue ci restano teste e lische. Che manco il Gulasch ci fai.
Dice Marcello Pera, già presidente del Senato, eletto con Berlusconi, e ora candidato con FdI, passata l’infatuazione per Renzi, che ci vuole il presidenzialismo perché: <<vuol dire trasparenza: chi vince governa (…) e lo fa per il tempo fissato; e vuol dire bipolarismo>>. Dove? Mai sentito parlare delle elezioni di medio termine in Usa o della coabitation in Francia, dove morirono i partiti?
Gli elettori italiani sono liberi. Ogni tentativo di condizionamento o induzione è un boomerang. Ma i problemi sono tre: la confusione fra elezione e libertà di agire a piacimento; quella fra governare e comandare; le alleanze europee imbarazzanti. Serve a nulla straparlare del ventennio del secolo scorso, si vorrebbe sapere qualche cosa di più sul biennio a venire.