«Male non fare, paura non avere», mi scrive uno la cui saggezza deriva dalla lettura di Frate Indovino. Parlava del Trojan, il virus che trasforma i telefonini in microspie a tempo pieno e alla base dell’inchiesta sul Csm. Poi non è nemmeno un’inchiesta sul Csm, è un’inchiesta di corruzione di cui non parla nessuno, perché è molto più interessante quello in cui ci si è imbattuti, sebbene non abbia implicazioni penali. Abbiamo saputo di conversazioni notturne, mercimoni, millanterie, anche storie extraconiugali. Ora noi dovremmo capire se ci sta più a cuore la lotta alla disonestà, qualsiasi prezzo comporti, o la nostra libertà costituzionale di muoverci e comunicare, senza essere spiati l’intero giorno, al prezzo di dare qualche vantaggio a qualche mascalzone. Il rischio, infatti, è di non comprendere su quale strada siamo incamminati. Domenica Edward Snowden (il controverso ex tecnico della Cia che ha svelato i programmi di sorveglianza elettronica degli Stati Uniti) ha spiegato come la tracciabilità abbia reso internet un mezzo di controllo di massa da che era uno strumento di connessione planetaria: si può sapere sempre dove siamo, che siti compulsiamo, con chi siamo in contatto. In un pezzo formidabile su Agi.it, Riccardo Luna avverte che il governo cinese è in possesso di un software in grado di identificare una persona da come cammina, e forse lo sta usando a Hong Kong per dare un nome ai manifestanti. La rete era l’arma di emancipazione dei popoli oppressi, e in pochissimi anni sta diventando l’arma degli oppressori, vecchi e nuovi. Male non fare, molta paura avere.
La Stampa, pag. 1 18 Giugno 2019