Serve un maggiore coinvolgimento delle imprese, anche attraverso l’uso sistematico del partenariato pubblico-privato
Il 2022 è un anno cruciale per l’avanzamento del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Nei primi mesi di attuazione del Piano, il governo ha creato le premesse per la sua più efficace esecuzione, con il raggiungimento dei 51 obiettivi previsti per il 2021, ma è inutile nasconderci che le difficoltà vere cominciano adesso, con la cosiddetta “messa a terra” degli indirizzi di policy.
Solo se l’insieme del sistema Italia sarà permanentemente mobilitato e focalizzato sulla concretizzazione degli obiettivi indicati dal Piano, potremmo generare, in tempi adeguati, grandi impatti positivi, sulla crescita, l’occupazione e lo sviluppo inclusivo e sostenibile.
In particolare, vanno intensificati gli sforzi per adeguare la pubblica amministrazione agli impegni cogenti previsti dal PNRR.
La pubblica amministrazione è la macchina che dovrà gestire nei fatti tutti gli interventi previsti, e sarà necessario del tempo perché i provvedimenti per il suo ammodernamento portino a un miglioramento significativo nella sua capacità operativa.
Ma il lungo periodo non è un orizzonte che possiamo permetterci, perché le risorse andranno impiegate da subito con scadenze pressanti: sono ben 102 gli obiettivi da raggiungere entro il 2022 per accedere al finanziamento della seconda e terza rata entro giugno (47 risultati) ed entro dicembre (55 risultati).
Tra questi obiettivi vi sono misure rilevantissime, che vale la pena ricordare: la riforma della carriera degli insegnanti (giugno); la delega per la riforma del codice degli appalti pubblici (giugno); l’istituzione di un sistema di certificazione della parità di genere e dei meccanismi di incentivazione per le imprese (dicembre); l’entrata in vigore del piano di investimenti per progetti di rigenerazione urbana delle aree metropolitane (dicembre); l’istituzione della nuova agenzia per la cybersicurezza nazionale (dicembre); nonché l’avvio di parti essenziali delle preannunciate riforme della giustizia penale e civile (dicembre).
Di fronte a queste impellenti scadenze, è quindi cruciale non consentirsi tempi morti – tantomeno vuoti di governo – e concentrare gli sforzi organizzativi e operativi di tutti, facendo leva su alcuni, fondamentali punti di snodo del Piano: il rapporto con il mondo economico, il rapporto della Pa centrale con gli enti locali, il rapporto con l’Europa.
Le aziende sono i soggetti organizzativamente più attrezzati per l’avvio rapido di progetti anche di grandi dimensioni. Non è un caso che tra i primi investimenti appaiono più semplici gli interventi sulle infrastrutture ferroviarie.
Serve un coinvolgimento maggiore delle imprese, anche attraverso un utilizzo più sistematico dello strumento essenziale del partenariato pubblico-privato.
Un modo di sviluppare progetti che potrebbe facilitare la realizzazione e ampliare l’impatto degli interventi previsti, e rappresentare una via per porre le basi di una più intensa interazione tra attori pubblici e privati nel pieno rispetto del ruolo di ognuno.
La capacità amministrativa degli enti locali è molto eterogenea sul territorio e particolarmente debole nel caso dei piccoli comuni. È quindi indispensabile un presidio forte dei rapporti con questa parte della Pa: in caso contrario si rischia seriamente che le risorse non vengano spese – anche volutamente – o vengano spese male.
A questo fine, massima attenzione va prestata ai tavoli di coordinamento. in particolare con Anci e Conferenza Stato Regioni, che devono diventare politicamente centrali ed essere supportati da una struttura forte in grado di implementare le decisioni concordate.
Infine serve continuità e autorevolezza nella gestione dei rapporti con la Commissione Europea. Il governo deve essere in grado, di fronte alle difficoltà che quasi inevitabilmente si incontreranno sul cammino, di prospettare soluzioni concrete ai problemi, da sviluppare in collaborazione con i partner europei.
Un fallimento dell’Italia dell’esecuzione del PNRR sarebbe un gravissimo danno per le prospettive di riforma orientate a una maggiore collaborazione a livello europeo e per le ambizioni dell’Unione nel panorama globale.
Occorre trasparenza e serietà nella gestione di questi rapporti, nella consapevolezza e prospettiva che in questo momento i destini dell’Italia dell’Europa sono più che mai fortemente legati.
Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi
Rosario Cerra, Presidente Centro Economia Digitale
Claudio Velardi, Presidente Fondazione Ottimisti&Razionali