I conflitti fra interessi materiali sono salutari e mediabili, mentre i conflitti fra astrazioni propagandistiche sono demenziali e irrisolvibili. Anche perché il solo risultato cui puntano e galleggiare sul nulla, tirare a campare, guadagnare la giornata e puntare a che quella appresso si ripeta sempre uguale. La politica galleggia su quel nulla, attendendo che le cose capitino, incredula che possano cambiare, conservatrice di sé e immune ai marosi, navigando nella marana.
Ove così non fosse si sarebbe discusso più del RePowerEu che non del porre la fiducia sul tema della concorrenza, che dovrebbe essere legge da tempo. Ove così non fosse i dati del Fondo monetario internazionale non verrebbero snobbati alla stregua di numerini per fissati. Sono lugubri.
Il guaio, in quelle previsioni, non è che la crescita del 2022 è ridotta al 2.5%, perché questo lo sapevamo e lo spieghiamo. Neanche che il 2023 si fermerà (male) ad una crescita dell’1.75%. Il guaio è che la previsione di crescita, per gli anni a venire, si stabilizza intorno all’1%. Che, considerata la spinta Recovery, è maledettamente bassa.
Non a caso il Fmi richiama il tema del debito pubblico, che la scanzonata politica del tirare a campare pensa anche di espandere, perché il progetto, grazie alle riforme e ai fondi europei, era di riassorbirne progressivamente il peso percentuale mediante il sostegno alla crescita, che a tal fine si sarebbe dovuta collocare stabilmente sopra il 2%. Siamo alla metà.
Il debito pubblico non è la pentola d’oro ai piedi dell’arcobaleno, ma il buco nel quale si buttano quantità enormi di gettito fiscale presente e futuro. Come avere uno squarcio nella giugulare. Solo che tanti partitanti sono convinti che la faccenda si risolva trasfondendo sempre più sangue, che così viene sottratto ad altri e contemporaneamente sprecato.
Dice il Fmi: allargate la base fiscale, colpite gli evasori e con quei soldi diminuite il deficit. Ma questo è il Paese in cui le persone oneste sono devastate dal fisco, mentre per censire gli immobili non accatastati, quindi fatti e abitati in evasione fiscale, s’è dovuto penare mesi di chiacchiere totalmente inutili e inconcludenti.
Ora si replica sui balneari. Insensato. Si introduca la regola che il gestore attuale ha diritto alla prelazione alle condizioni di gara e facciamola finita, senza rinvii umilianti, campagne deliranti e indennizzi sempre a spese del contribuente (onesto). Ma niente, ci vuole la fiducia, così o dimostrano all’universo di non contare un accidente e si fa cadere il governo per una faccenda mediabilissima, se solo si sapesse di che si parla.
Tutti quelli, e sono tanti, che cercano di assumere avvertono di non riuscirci. Non trovano persone capaci o disponibili. Dice il Fmi: cambiate il reddito di cittadinanza, è troppo alto. Magari fosse solo quello, perché si potrebbe toglierlo già domani a moltissimi: basterebbe offrire loro un lavoro, ascoltarne il rifiuto e tagliare la spesa. Ma non funziona perché non esiste il preposto a offrire il lavoro nelle forme dovute. Il navigator è in barchetta per definizione. Fuori dalle forme pubbliche l’offerta non vale.
Siamo al punto che un ministro leghista (Garavaglia) chiede più immigrati e un sottosegretario leghista (Molteni) ne annuncia di più numerosi con il decreto flussi. Solo che non raggiungono neanche la metà di quelli che lo stesso governo (da anni) ritiene necessari. Intanto le riforme sono in mano a bradipi disorientati e s’è fatta una certa, andiamo a cena.
Per mezzo bajocco il barcarolo, tirando una fune, ti faceva attraversare il Tevere. Era talmente poco che divenne un modo di dire: “vacce a passà ‘n barchetta”, come a dire che per così poco non si è disposti a far nulla. Stare in barchetta, quindi, divenne il farsi trascinare senza nulla fare e poco pagare. Qui c’è una moltitudine, in barchetta.