Incenerirli

Incenerirli

Il frinire pentastellato è l’effetto, non la causa. Sono stati capaci di dare espressione politica al rifiuto della realtà, ma non l’hanno inventato. Il problema dell’Italia non è battere quello che oggi è il partito di maggioranza relativa, ma abbattere quel rifiuto che lo ha fatto diventare tale. Un lavoro profondo, non fatto di elettoralismi, ma di serietà e schiettezza. Il caso degli inceneritori è emblematico, ma deve servire a capire che da incenerire ci sono vizi antichi.

Il primo importante sindaco pentastellato viene eletto a Parma, nel 2012. Nella loro campagna elettorale c’era in No all’impianto per trattare i rifiuti. È stato anche il primo ad essere espulso, perché ha fatto il sindaco e quell’impianto è andato avanti. Oggi c’è il caso di Roma e del connesso decreto governativo, sul quale basterà leggere cosa dice il viceministro pentafrinente, Alessandra Todde: <<siamo disposti a discutere di un impianto ecosostenibile che rispetti le normative europee>>. Le era venuto il sospetto si volessero realizzare impianti non a norma? La realtà è che, su questo come su tanto altro, dalla Tav al Tap, o fanno marcia indietro o vanno avanti nel burrone.

Però il problema non sono mica loro, perché gli inceneritori non c’erano neanche prima che comparissero a colorire la scena. Le ecoballe di Napoli c’erano prima. Le discariche romane c’erano prima. E quella roba lì non è solo la cosa più inquinante e avvelenante che si possa immaginare, con danni permanenti nei decenni a venire, ma anche il solo modo per consentire alla criminalità di fare affari sulla spazzatura. E questa robaccia è stata difesa, negli anni, anche prima che loro ne divenissero alfieri. Quindi piano con il dare loro tutte le colpe.

L’Italia è ferma da lustri. La politica nel No vince da decenni. Eravamo all’avanguardia e ci tagliammo fuori dal nucleare nel 1987, a furor di popolo referendario. Nel 2011 non ci fu partita e si volle tenere la gestione dell’acqua nelle mani di scassate municipalizzate, così accollandosene i costi come contribuenti e gli sprechi come clienti. La radice profonda di questi atteggiamenti è nutrita da una convinzione che è poi la stessa che ci ha portato a essere il Paese europeo con il debito pubblico più alto: si può consumare la ricchezza che non si produce.

Poi, una volta trasformata tale convinzione in “diritto”, si dischiude la cascata delle dissennatezze: redditi senza lavoro, pensioni d’invalidità senza invalidità, titoli di studio senza conoscenze (manco dell’italiano), investimenti senza rischi, giustizialismo senza giustizia e via così corrompendo la vita pubblica. Ovvio che arrivano politici senza politica, saltafossi trasformisti, guerrafondai in casa e pacifisti in guerra. Tutta gente che non può essere fermata con qualche fantasiosa trovata, ma facendo pace con la realtà e usando la serietà. Se questo lavoro non trovasse interpreti credibili il risultato non sarebbe la continuazione del sogno, ma l’avvento dell’incubo.

Magari il problema fosse solo la classe politica. Incespica tutta quanta una classe dirigente: dalle cattedre, al giornalismo, alle imprese. Sembra che tutti siano capaci di tifare e sindacalizzare i propri bisogni, ma nessuno di porsi il problema della compatibilità, in armonia con una qualche idea di società futura. E questo avviene nel mentre abbiamo la più imponente massa di quattrini (europei) con cui finanziarne la costruzione. E non c’è solo la classe dirigente, ci sono i cittadini. Finché si sarà convinti che la cosa più utile sia trovare la propria immediata convenienza, tanto la convivenza che il voto saranno indirizzati all’arraffare, al non pagare, al rimandare. Altro che costruire.

Ecco, affogare nella monnezza, con i cinghiali infetti che ci sguazzano e il cielo ci guardi dall’abbatterli, facendoli diventare come le vacche sacre, rende bene l’idea di quel che capita. Meglio incenerire l’incoscienza.

La Ragione

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