Desideriamo raccomandare agli orecchianti della libertà e ai divulgatori di un liberalismo di seconda mano l’ultimo libro di Lorenzo Infantino “Cercatori di Libertà” (Rubbettino Editore, 2019).
L’autore è professore di Filosofia delle scienze sociali nell’Università Luiss Guido Carli, dove numerosi studiosi lo hanno onorato dedicandogli, soltanto un mese fa, il corposo volume collettaneo “Individuo, libertà e potere” (Rubbettino Editore, 2019). I curatori hanno sottolineato che “l’opera di Infantino si pone nel solco del pensiero liberale: dalla tradizione dei moralisti scozzesi, di David Hume e Adam Smith alla Scuola Austriaca, di Carl Menger, Ludwig von Mises e Friedrich A. von Hayek. Nella sua lunga carriera di studioso, Infantino ha dato un fondamentale impulso alla diffusione delle idee di questi giganti del pensiero e ha prodotto importanti contributi originali sull’evoluzionismo sociale, sull’ordine spontaneo e sulla natura del potere”.
Tale sottolineatura è non solo esatta in sé ma anche confermata in pieno dall’ultimo libro che, già accattivante nel titolo, offre una panoramica sul pensiero di molti tra questi uomini di sapere: dal rapporto impossibile tra Hume e Rousseau ai debiti di Benjamin Constant nei confronti di Adam Smith; dall’attualità di Mises nel nostro tempo ai capisaldi della riflessione hayekiana anche in rapporto a Keynes; dalla teoria di Bruno Leoni sul diritto e la libertà alle convergenze e divergenze metodologiche tra Scuola austriaca dell’economia alla democrazia senza liberalismo di Ortega y Gasset; dalla critica del marxismo di Settembrini ai rapporti tra Einaudi e gli economisti austriaci.
Di speciale e palpitante interesse sono le considerazioni di Infantino su Einaudi e il progetto europeista. Infantino ricorda che Einaudi già nel 1897 scriveva: “La nascita della federazione europea non sarà meno gloriosa solo perché nata dal timore e dalla sfiducia reciproca e non invece dall’amore fraterno e dagli ideali umanitari”. E dunque ancora oggi la “sfiducia reciproca”, men che frenare od ostacolare o impedire un’Europa federale, potrebbe e dovrebbe esserne la realistica base costruttiva, se è vero che la diffidenza ben utilizzata induce prudenza ma contribuisce all’effettiva sicurezza reciproca dei contraenti. In un saggio del 1943, prendendo in considerazione i problemi connessi alla questione monetaria, Einaudi scriveva: “La rinuncia degli Stati singoli federati al diritto di emissione sarebbe per essi garanzia efficace di buona finanza. Quando uno stato non può ricorrere, sotto nessun pretesto, al facile mezzo di procacciarsi entrate col torchio dei biglietti, esso sarà costretto a fare buona finanza. Imposte e prestiti rimangono le sole maniere di entrata a sua disposizione; e ai prestiti lo stato non può ricorrere se non entro i limiti nei quali sappia procacciarsi la fiducia dei risparmiatori, ossia quando faccia buona finanza”.
Infantino rileva che per Einaudi era indispensabile far comprendere che “l’indipendenza dell’economia dalla politica significa al tempo stesso indipendenza della politica dall’economia”.
E la federazione europea è un potente mezzo per realizzare tale separazione. Infantino conclude il suo “Cercatori di libertà” con parole che sono al tempo stesso un giudizio, un indirizzo politico, una meta da cercare, per l’appunto: “In un momento in cui tante forze ostili alle istituzioni della civiltà occidentale si agitano, possiamo dire che la questione della democrazia e quella dell’Europa coincidono. L’impegno per l’una non è disgiungibile dall’impegno per l’altra”.
Pietro Di Muccio de Quattro
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