Essersi spostati a Cutro, per tenere il Consiglio dei ministri, ha un valore simbolico. Di solidarietà e presidio. Non altro. È stato varato un decreto legge, che è oramai la sola forma d’iniziativa legislativa rimasta che possa sperare di giungere a una conclusione. Sono anni che vale questo andazzo e, a turno, chi si oppone protesta e chi governa decreta. Salvo scambiarsi le parti. Dopo quello che è successo nessuno se la sente di contestare i requisiti costituzionali della necessità e dell’urgenza. Tutto sta a vederne l’utilità.
Il decreto è bifronte, ma non incoerente, tenendo assieme aperture e repressione. Come qui immaginato. Diventa triennale la programmazione degli ingressi regolari di extracomunitari, mentre la quantità viene fissata da un Dpcm (il così detto “decreto flussi”). È la premessa per far entrare molte più persone, programmandone il numero in anticipo e così rendendo meno complicato lo smaltimento delle pratiche. Chi pensava che la destra al governo portasse con sé meno immigrati, o addirittura nessuno, sarà deluso: ne porta di più. La destra al governo può ben rispondere: ma sono regolari, mentre confermiamo di volere combattere l’immigrazione clandestina. Diciamo che si è giocato molto ad alludere, ma resterà il fatto che i profughi (che hanno diritto a essere accolti) continueranno ad arrivare in modo irregolare. E continueranno a entrare.
Poi c’è il lato repressivo, con pene fino a trent’anni (se il fatto porta al decesso di più persone) per gli scafisti. Il problema delle pene non è fissarle, ma applicarle. In mezzo c’è la giustizia. Difficile supporre che alla guida di una bagnarola sovraffollata si porrà il criminale turco o libico, semmai ci si troverà il picciotto marinaro. Un tribunale non comminerà a lui le pene concepite per il suo capo. E c’è anche il caso che l’imputato sostenga che la sua vita sia in pericolo, se venisse restituito al Paese del boss. A molti sembreranno dettagli o “cavilli”, ma è la ragione per cui la giustizia reale è così diversa da quella suggestivamente annunciata. Il che non autorizza a far spallucce; se l’equivoco si protrae è perché una società sana ha bisogno di ordine e sicurezza, mentre il mondo politico produce sentimentalismi: accoglienza e respingimento, comprensione e repressione. Roba da melodramma, che non risolve alcun dramma.
L’insicurezza colpisce i cittadini normali, accanendosi sui più deboli. Si fa credere che la teppaglia e la miseria che gira attorno alle stazioni o nei quartieri popolari o nelle periferie abbiano qualche cosa a che vedere con gli sbarchi o i clandestini, il che è solo in parte vero, ma il ciondolare da “richiedente asilo” è roba che produciamo noi. Ovvio che non puoi pensare di mandare per anni in galera quello che fa uno scippo o anche solo piscia sotto i portici, si ubriaca e vomita, ma è quello che più impressiona i cittadini. La rapina armata in una villa, con il morto, è gravissima ma la leggiamo sul giornale, mentre gli accampamenti senza legge finiscono di rado sui giornali ma riempiono la giornata del passante. Le forze dell’ordine ci fanno poco e niente, perché è vero che sono obbligate a intervenire ma sanno che non risolve nulla. Non manca la legge, manca la giustizia. I piccoli reati sono i più diffusi, creano più allarme, la punizione è efficace se arriva a distanza di ore. A distanza di anni è una presa in giro.
Per riuscirci devi avere una giustizia commisurata. Non ha senso che viaggi tutto sugli stessi binari. Ed è un gravissimo errore della sinistra considerare l’ordine e la sicurezza come roba di destra, quando non reazionaria. Sono cose vitali. Solo che servono rimedi efficaci, giudici che decidano in un’udienza, pene ragionevoli, non necessariamente detentive. Questo disincentiverebbe, non la testa di leone su un corpo da scoiattolo.
Altrimenti si producono aumenti delle pene per accompagnare l’aumento degli immigrati. Che sarà, forse, urgente e necessario, ma che sia utile è improbabile.