Il modo migliore per evitare che le malattie ci portino all’altro mondo consiste nel riconoscere i sintomi e curarle. Inutile fingere che sia diversamente: la strage in Nuova Zelanda ci colpisce meno di quella in una discoteca di Parigi. Condanniamo, ma non ci impauriamo. E sbagliamo. Per tre ragioni.
- Quello cui si assiste non è uno scontro fra civiltà, ma fra inciviltà. Le tre religioni abramitiche hanno un ceppo comune e alle spalle secoli di conflitti, ma anche di convivenza. Quando è stata guerra le ragioni erano di potenza, geopolitiche, mentre la fede era copertura e sprone.
- I fanatici e i fondamentalisti non sono avversari fra loro, ma soci che pretendono di prendere il mondo in ostaggio. Gli uni cercano di trovare giustificazione negli altri. Li finanzia chi punta alla destabilizzazione, ancora una volta per interessi che sarebbe blasfemo anche solo accostare alla fede.
- Non sono “pazzi”. Il rimedio non è il manicomio. Sono squilibrati dal modo in cui è stato loro porto e da loro assorbito il tema dell’identità. Negata, a sentirli, dal dominio altrui o dalla sostituzione etnica (superba allucinazione). Non sono i perdenti della globalizzazione, i recessi e gli impauriti, come tanto sociologismo globale s’affanna a spiegare, forse sono anche quello, ma prima di tutto sono i dispersi per scarsezza di idoli cui appendere, con cecità morale e culturale, la loro anima. È un errore additarli a zotici e incolti? È un’ipocrisia pericolosa il tacerlo. Affermare la propria identità negando quella altrui, non tollerandola o andando direttamente a sparare o farsi esplodere, significa confermare di essere nessuno e niente. Esisto non perché sono, ma perché nego. Al mondo ci sono tanti “noi” e tanti “loro”, per opinioni, fedi e anche tifo, ma non possono esistere circa il rispetto della vita, dignità e libertà di ciascuno. A chiunque vengano negate è un fratello per cui battersi.
Per questo ci riguarda sempre tutti, perché noi siamo: la civiltà della convivenza e dello Stato laico. Casa di tutti, ma che si regge sull’imposizione del rispetto della legge, innanzi alla quale siamo tutti uguali. Quei colpi ci trafiggono per tale ragione, ovunque siano esplosi. Vanno condannati senza attenuante o negligenza alcuna.