Forse andiamo verso la “mastellizzazione” della crisi. Duttile e malleabile come metallo prezioso, il levigato Clemente Mastella tenta di governare da Benevento per interposta consorte. La questione dei “responsabili”, cioè dei parlamentari che nel Senato dovrebbero sopperire alla defezione dei renziani, è stata impostata in termini realistici e corretti dal sindaco della città sannita. Mastella è sempre stato un politico abilissimo nelle manovre di palazzo, oltre che nella raccolta di voti. Adesso non siede in Parlamento, dove invece è senatrice sua moglie Sandra Lonardo, distaccatasi da Forza Italia con cui fu eletta e pertanto indicata come possibile “responsabile” assieme ad altri del gruppo misto e di formazioni minori di vario orientamento.
Il legame matrimoniale tra Clemente e Sandra ha indotto immediatamente i maligni a pensare che Mastella sia il manovratore e Lonardo la manovrata nell’operazione preordinata a dotare il governo Conte, o chi per lui, di quella fiducia che potrebbe mancargli se Matteo Renzi persistesse nel rifiutarsi di partecipare alla maggioranza. Al di là della malignità naturalmente impastata nelle vicende politiche, specie di prima grandezza come la formazione di un nuovo governo, Clemente Mastella ha preso il comando della campagna e pronunciato il discorso di guerra: “Non coltivi, il presidente Giuseppe Conte, l’illusione di servirsi di noi come di ascari obbedienti. Il gruppo dei responsabili ha la dignità delle regolari truppe parlamentari. Egli deve proporci una formale alleanza alla luce del sole. Detto altrimenti, non creda di poterci trattare come un’amante da nascondere. Noi rifiutiamo la tresca clandestina. Pretendiamo un matrimonio legale oppure, quanto meno, un matrimonio morganatico. Ci spettano tutti i vantaggi dei coniugi, non soltanto i doveri.”
L’orgogliosa e sacrosanta presa di posizione di Mastella, sebbene all’apparenza bizzarra perché l’autore non ha un partito in Parlamento ma una moglie, pone una serie di problemi al governo in gestazione, ciò che del resto si proponeva per alzare la posta della scommessa o il prezzo dell’appoggio. Il presidente del Consiglio che accettasse il sostegno di quelle che in passato furono maliziosamente definite “le truppe mastellate” non potrebbe contare su un vero e proprio partito legato almeno da una certa disciplina di gruppo. Dovrebbe pur sempre rimettersi alla fiducia di singoli parlamentari, per quante promesse gli abbiano fatto uno per uno, e per quanto fantasiosa sia la versione italiana, spuria, del governo rappresentativo, secondo la quale la fiducia parlamentare sanerebbe, come l’acqua di Lourdes, ogni stortura.