Caro Direttore,
domani un gruppo di disperati si riunisce in una sala molto grande al centro di Milano.
Saranno più di mille. Disperati senza speranza? Vediamo di analizzare la situazione.
Si tratta di cittadini, elettori, italiani che ritengono a torto o a ragione di non avere, ormai da tanti anni, rappresentanza politica in Italia. Non hanno FDP di Lindner, VVD di Rutte, Renaissance di Macron. Non hanno neanche molto meno. E siccome non si può votare per partiti tedeschi, olandesi o francesi, in linea di massima non vanno a votare e se lo fanno (ancora per poco) votano quello che ritengono il meno peggio.
Ecco i disperati di Milano, con la sola ed unica bandiera di Renew Europa, la felice e vincente coalizione che raggruppa tutti i liberali al
Parlamento Europeo, diranno a Renzi e Calenda – i due riferimenti più vicini al loro sentire -: “Mettiamo da parte egoismi, personalismi,
interessi di parte e diamoci una casa comune”. Comune ai liberali, democratici, riformisti, europeisti italiani.
Si chiama Partito la casa a cui aspiriamo. Non altro.
Se lo farete, non andremo, non andrete, sempre e comunque d’accordo su tutto (non saremmo liberali se lo facessimo), ma creeremmo una forza politica dove l’affectio socletatis sarà più forte dell’interesse del singolo leader o presunti tali. E se leader vuoi esserlo, guadagnati i galloni sul campo di una partito democratico e contenibile. Per i liberali, infatti, il merito vince sempre.
Sarà la casa di chi crede che un sistema fiscale come quello italiano ha raggiunto livelli di pressione ormai insostenibile; di chi conosce bene la differenza tra assistenza ai più deboli e assistenzialismo al clientes; di chi conosce e riconosce una giustizia giusta, contrapposta ai forcaioli e tagliagole di destra e di sinistra; di chi è consapevole che ad un’Europa in evidenti difficoltà, si risponde con più Europa.
Non basta tutto questo? Forse no! Ma sapremo accontentarci. E lo faremo felici e soddisfatti. Al di fuori di questo per i liberali italiani non ci sono partitini o federazioni, c’è la disperazione di cui sopra.