“La Repubblica sotto processo”, presentato in Fondazione Einaudi il nuovo libro di Buccini

“La Repubblica sotto processo”, presentato in Fondazione Einaudi il nuovo libro di Buccini

La storia d’Italia degli ultimi trent’anni si è fatta più nelle aule dei tribunali che in quelle parlamentari. Da “Mani pulite” agli scandali del Csm: come è nato il conflitto tra politica e magistratura e perché si è trascinato così a lungo? Analizzando il conflitto tra partiti e toghe, Goffredo Buccini, firma di punta de Il Corriere della Sera, racconta nel suo nuovo libro “La Repubblica sotto processo”, Editori Laterza, gli ultimi decenni di storia del nostro Paese, volume che è stato presentato questa sera nell’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi.

“Il nostro Paese è di fatto bloccato su se stesso su una grande questione: giustizialisti contro garantisti”, ha spiegato Buccini. “Tutto diventa scontro giudiziario, e la giustizia diventa una clava, una via breve, per far fuori l’avversario. L’Italia è una Repubblica parlamentare pensata perché si reggesse su dei partiti forti, ma di fatto questi partiti sono stati azzerati tra il 1992 e il 1994. Non credo al golpe giudiziario, ma piuttosto al suicidio di partiti stessi, che negli ultimi dieci anni si erano talmente screditati nei confronti dei cittadini da permettere ai giudici di tangentopoli di chiudere il coperchio”. Questo ha prodotto come effetto politico che i partiti diventassero dei comitati elettorali dei propri leader, ha sottolineato, “oggi non ci sono le idee, non c’è la cultura politica e, nel frattempo, la magistratura ha introiettato su di sé i mali della politica, come il correntismo esasperato”.

Accolti dal presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, e dal segretario generale, Andrea Cangini, hanno preso parte al dibattito il giornalista Pierluigi Battista, il sindaco di Benevento, già Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e l’ex vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Marco Follini, di fronte a un’aula gremita con giornalisti e ospiti illustri, quali l’ex ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e l’ex ministro della Salute, Francesco De Lorenzo.

“Dal 1992 i magistrati si considerano soggetti politici a tutti gli effetti”, ha detto Pierluigi Battista. “Mani pulite non è stato un golpe giudiziario, ma è stato un atto violentissimo che ha capovolto il sistema politico italiano. Una rivoluzione fatta dai magistrati. La cosiddetta Seconda Repubblica ha come atto fondativo questo avvenimento e va detto che il populismo è nato nel 1992. Poi con l’arrivo di Berlusconi c’è stato un capovolgimento: non viene più messo sotto accusa il corrotto, ma il corruttore”. Come si esce da questa storia?, si è chiesto, “sono abbastanza pessimista, penso non se ne uscirà mai”.

È vero, ha raccontato Mastella, “durante Mani Pulite, la classe politica non era più nei cuori delle persone, ma l’attività dei magistrati era e resta quella di accertare se c’è un reato e quale. Tutto il Paese era rivoltato. Molti magistrati agivano con natura evangelica, ma ne ricordo, ad onor del vero, anche altri che facevano il loro dovere con grande dignità. Dobbiamo però essere onesti”, ha aggiunto, “se fosse capitato a un politico ciò che è capitato alla magistratura durante la vicenda Palamara, sarebbe finito in galera per 150 anni, mentre in quel caso non è finito sotto processo nessuno, neanche Palamara ha ricevuto un avviso di garanzia. Tutto questo si deve al fatto che la classe politica si è assottigliata, non ha avuto la forza di reagire”.

Buccini nel suo libro ci ha posto un quesito, ha detto Follini, “se sia nato prima l’uovo o la gallina. Anche io penso che sia nato prima l’uovo, cioè che la politica si è ritratta e la magistratura ha esondato. In tutti questi anni, e anche prima del periodo che Buccini prende in esame, non c’è stato un solo gesto che abbia tentato di prendere il toro per le corna. Gli unici due momenti discordanti che ricordo sono stati il discorso di Craxi sul finanziamento pubblico ai partiti e la celebre frase di Moro: ‘non ci faremo processare’”. Il populismo, ha sottolineato, “è dentro la storia italiana, è una condanna che ci portiamo da sempre, però il giustizialismo ha vinto nel momento in cui è diventato un fenomeno politico inesorabile che ha costretto le grandi culture a corrergli dietro. Abbiamo lasciato correre troppe volte, disertando una battaglia culturale, e abbiamo permesso che montasse nel Paese un clima da caccia alle streghe, clima al quale abbiamo concorso tutti. Paghiamo quindi il prezzo del poco coraggio con cui tutti, la classe dirigente del nostro Paese, ha affrontato un problema gigantesco. Abbiamo accettato che si potesse dire di noi che siamo sotto ricatto”.

       

 

     

 

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