È sconfortante la scoperta delle malefatte che si sarebbero consumate nel centro di accoglienza dei migranti in Calabria. Gli imbrogli sulla pelle dei profughi, una banda di parassiti che si è impossessata dei fondi della solidarietà per riempirsi le tasche di denaro che serviva a sfamare i disperati, le infiltrazioni mafiose: un incubo civile.
Approfittando di una tragedia umana della povertà e della discriminazione, si è imbastito un turpe business dei migranti che rischia prima di tutto di oscurare l’impegno umanitario di chi salva vite e dignità umana e poi di generare nell’opinione pubblica la terribile sensazione che dietro le parole dell’accoglienza e della solidarietà si nasconda un losco giro di affari.
Ma è lo stesso fronte dell’accoglienza che ha ora il compito di evitare questo rischio, di separare con nettezza e con intransigenza ciò che è buono e che l’intera comunità nazionale deve continuare a sostenere dai pericoli dell’affarismo e dei delinquenti che speculano sulla vita degli esseri umani.
Il «fronte dell’accoglienza», chiamiamolo così quel vasto e variegato arcipelago umano e culturale che comprende una sinistra più sensibile al dramma dell’immigrazione, il mondo cattolico che fornisce rifugio e sostegno ai reietti della terra, il volontariato che si spende senza tregua per salvare chi sta affogando e scappa dalla disperazione e dalla guerra.
Tutto questo fronte deve però evitare di offrire un’immagine di imbarazzo, deve smetterla di mettersi in difesa, di rinchiudersi in una fortezza assediata con il timore che nella guerra giudiziaria ma anche politica al business dei migranti alla fine vengano travolte anche le iniziative buone, generose, senza scopo di lucro.
Il fronte dell’accoglienza dovrebbe essere il primo a chiedere che gli approfittatori siano messi in condizione di non nuocere. Non deve dare l’impressione di nascondere qualcosa se non intende darla vinta al fronte opposto, quello che sul flusso migratorio vuole alzare solo muri e che oggi dice: ecco, vedete cosa si nasconde dietro il buonismo, ecco vedete l’ipocrisia di chi si riempie la bocca con la retorica dell’accoglienza.
No, il fronte dell’accoglienza deve essere più coraggioso, rompere lo schema, augurarsi che tutte le malefatte vengano a galla, spezzare il fronte dell’omertà e dell’imbarazzo. È una questione vitale, anche urgente.
Questa è la terza volta che l’immagine dell’accoglienza ai profughi viene sporcata dal business dei migranti.
È accaduto nell’ambito dell’inchiesta denominata «Mafia Capitale» dove comunque il giro di denaro attorno ai centri di accoglienza è sembrato un’occasione per accumulare denaro e potere: e anche in questo caso il fronte umanitario è sembrato silente, imbarazzato, animato dalla speranza che prima o poi il fastidioso polverone si sarebbe diradato.
È successo con le polemiche attorno all’azione nel Mediterraneo delle Ong, le organizzazioni non governative che con le loro navi si incaricano di salvare i naufraghi e le imbarcazioni fragili e sovraccariche partite dalla Libia. Qui il «fronte dell’accoglienza» è apparso ancora più in imbarazzo. Si è subito chiuso a testuggine come se l’eventuale cattivo operato di alcune Ong fosse il modo per delegittimare tutte le Ong. Ma è stata una scelta sbagliata, proprio perché le Ong «buone», la cui attività merita il sostegno e la gratitudine di tutta la comunità nazionale e anche di quella europea, dovrebbero essere le prime a voler isolare chi eventualmente si fosse macchiato di una condotta illegale e immorale.
Al di là delle responsabilità giudiziarie, tutte da dimostrare e che comunque non dovrebbero sottostare alla tirannia degli annunci perché nella giustizia ci vogliono prove e non annunci, è invece emerso uno spirito di trincea difensivo e si è imposta la paura che tutte le Ong in quanto tali venissero messe sul banco degli imputati.
Invece no, le distinzioni sono importanti. E l’intimazione al silenzio rischia di dare una percezione. Le Ong che fanno degnamente e ammirevolmente il loro lavoro umanitario hanno tutto da guadagnare da un muro di separazione che le tenga lontane dagli affaristi, dagli speculatori, dai complici dello schiavismo.
E sarebbe stato una buona cosa, per esempio, che nell’indignazione generale per le parole molto imprudenti di un magistrato sulla ribalta mediatica, si fosse spesa una parola di denuncia per quelle Ong con una bandiera, quella di Malta, di un Paese che non permette l’approdo delle imbarcazioni dei profughi nel suo territorio.
Ora la vergogna dei centri di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, di un parroco che si è fatto scudo della retorica della legalità, di un capo che si faceva chiamare «Gabibbo».
Il fronte dell’accoglienza non abbia paura, auspichi che si vada fino in fondo, metta sotto accusa i meccanismi che permettono speculazioni e ruberie, mettano al riparo l’opera di solidarietà con i profughi e i migranti dall’azione ignobile di malfattori che hanno trovato in questa tragedia un’occasione di arricchimento illecito.
Senza paura, silenzi, imbarazzi, omertà. Dalla verità può venire solo il bene, e l’isolamento dei loschi approfittatori del business dei migranti. [spacer height=”20px”]
Pierlugi Battista, Il Corriere della Sera 16 maggio 2017