Episodio 10 – Libertà di espressione e Monopoli Big Tech
La gestione discrezione dei colossi Big Tech costituisce un pericolo per la libertà di espressione degli individui? Due articoli apparsi su ProMarket.org una pubblicazione digitale a cura dello stigler center del Chicago Booth school of business ci offrono alcuni interessanti spunti di riflessione.
Il primo pezzo, a firma dell’economista italiano Luigi Zingales sostiene che la sospensione degli account social dai quali l’ex presidente Trump ha incitato i suoi sostenitori che hanno successivamente dato l’assalto alla sede del Congresso costituisce un “pericoloso precedente”. Più in dettaglio, Zingales argomenta che le piattaforme digitali raccolte sotto l’acronimo di TAGAF (Twitter, Apple, Google, Amazon e Facebook) non possono essere considerate delle semplici società private, ma di fatto costituiscono una fondamentale infrastruttura di comunicazione. Ci si domanda pertanto se non vadano regolate in modo più stringente al fine di evitare pericoli potenziali per la democrazia.
Di diverso avviso sono altri 3 economisti italiani, Carlo Amenta, Carlo Stagnaro e Michele Boltrin, che in un altro articolo sempre su Promarket.org sostengono che le piattaforme non vanno considerate alla stregua di infrastrutture o monopoli naturali e che l’intervento del regolatore vada limitato alle ipotesi nelle quali queste imprese possano abusare di della propria posizione dominante sul mercato per danneggiare i consumatori.
Qualche settimana fa mi ero occupato di questi temi in un breve articolo dal tono leggermente provocatorio intitolato “chi controlla i controllori” al quale mi ricollego per proporre qualche riflessione.
Premessa doverosa è che di certo non è possibile fornire risposte definitive su questioni tanto complesse e rilevanti nel breve spazio per cui dovremo accontentarci di sollevare domande interessanti.
Le piattaforme web sono editori che devono rispondere dei contenuti che diffondono o delle semplici lavagne sulle quali ognuno scrive ciò che vuole e risponde delle proprie affermazioni?
Dirimere questa controversia risolverebbe gran parte della questione poiché è noto ed ovvio che gli editori, il quarto potere, devono avere la piena possibilità di regolare i contenuti che diffondono e, di conseguenza, la libertà di bloccare i contenuti che reputano pericolosi o anche appena inopportuni. Sarà la pluralità degli editori e la possibilità di ciascuno di diventarlo a tutelare la libertà di espressione.
La bacheca o il muro non possono invece rispondere di quello che gli altri ci scrivono sopra e, se non ne rispondono, non sono tenuti a moderare i contenuti e potrebbe essere fondato l’argomento di chi suggerisce una qualche forma di obbligo di servizio universale.
Personalmente credo che il grande potere di cui queste piattaforme oggi dispongono derivi dalle nostre scelte di consume e di conseguenza penso che sia anche nostra responsabilità contribuire a regolarlo. Contro eventuali abusi da parte delle piattaforme digitali tutti noi possiamo “votare con il portafogli” come consumatori o addirittura con un click come utenti.
Certo, passare da un sistema all’altro non è facile come Non è facile come cambiare supermercato in cui fare la spesa, ma non è neanche così complicato: se lo status quasi monopolistico non è una caratteristica naturale, ma è determinato dalle nostre scelte di consumo, vuol dire che questi “grandi fratelli” hanno un sensibile incentivo a non scontentarci per evitare che decidiamo in massa di cambiare le abitudini.
Mi concentrerei allora come indicato nel secondo degli articoli menzionati a valutare caso per caso la sussistenza di abusi della propria posizione dominante e magari su incentivare dei meccanismi di “portabilità” dei propri dati personali che rendano più intensa la competizione tra i diversi sistemi e che rendano agevole la “portabilità” per i clienti che decidono di cambiare piattaforma.
Mi piace pensare che dalla follia di Trump ci abbia fino ad oggi salvato lo stato di buona salute di cui gode la democrazia USA e dovendo immaginare la strada per preservarla penso che dovremmo guardare più alla tutela della concorrenza che non agli eccessi di regolamentazione che si portano dietro il rischio di sostituire all’arbitrio delle società private quello non meno pericoloso dei politici o dei giudici.
Gli articoli menzionati: